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21 Ottobre 2007
La Guerra Anglo-Zulu del 1879 (2ª parte) – F. Nicolai
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La Guerra Anglo-Zulu del 1879 (2ª parte) – F. Nicolai
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La Guerra Anglo-Zulu del 1879 (1ª parte) – F. Nicolai

La critica cinematografica ha sempre denigrato questo film: “impietosa descrizione dello smacco che effettivamente umiliò la Gran Bretagna , ricostruito con notevoli mezzi da Hickox, personaggi scoloriti, drammaturgia primitiva, dialoghi radiofonici.Successivamente vidi un altro film riproposto in TV imperniato sul medesimo soggetto ma con sceneggiatura differente: “Zulu” del 1964 diretto da Cy Endfield (il quale sarà coautore della sceneggiatura di Zulu Dawn che si sforzerà di rovesciare il punto di vista eurocentrico). La pellicola è ritenuta uno dei capolavori della cinematografia inglese degli anni ’60 e recentemente è stata inclusa da un periodico di informazione cinematografica inglese tra i 100 più bei film di tutti tempi (Foto a lato: Burt Lancaster, nella parte del tenente colonnello Durnford, oppone l’ultima resistenza). Eccitante per le impressionanti scene di battaglia, che occupano quasi la metà del film; molto belli anche i riti propiziatori dei guerrieri zulù. Zulu vanta alcune delle sequenze storiche di battaglia più avvincenti mai filmate fino a quella data: quella finale assordante, relativa al fuoco fila per fila ai piedi dell’ultima ridotta di sacchi di granturco in conseguenza dello sfondamento da parte degli Zulù della recinzione della missione, dimostrò, meglio che in qualsiasi altro film mai fatto, la terribile potenza distruttiva dell’uniforme singolo colpo di fucili in mano a truppe regolari disciplinate.
I due film trattano del conflitto che nel 1879 contrappose l’esercito britannico a quello zulù nella regione del Natal e che si inserisce nell’ambito dell’espansione dell’autorità inglese in Sud Africa tra il 1806 e il 1880. Una delle più sanguinose e sentite saghe della storia africana che vide fronteggiarsi due nobili e valorose nazioni.
Zulu è un’epica ricostruzione della battaglia di Rorke’s Drift, indiscutibilmente il più famoso incidente nella storia militare coloniale, quando undici Victoria Cross (la croce di guerra britannica) e cinque Distinguished Conduct Medal furono guadagnate in combattimento in un singolo giorno.
Zulu Dawn, invece, racconta della disastrosa battaglia di Isandlwana, che precedette di poche ore gli eventi trattati da Zulu. Zulu Dawn perde la tensione claustrofobica che tanto era stata la forza del suo predecessore; ed in luogo dell’onesto senso di disgusto per la affaticante guerra di quest’ultimo offre solo un liberalismo superficiale, che mostra l’esercito vittoriano in caricatura e prontamente condanna l’avventura imperiale, mentre allo stesso tempo fallisce nel rappresentare un autentico punto di vista zulù.
Che la guerra anglo-zulù del 1879 goda di un livello di interesse fuori proporzione per il suo significato strategico e politico può probabilmente essere nettamente attribuito alle andature dell’epico Zulu. Per molti l’immagine di Stanley Baker, Michael Caine e Nigel Green che eroicamente presidiano le barricate, risplendenti nelle casacche scarlatte e nei bianchi elmetti, è divenuta parte della mitologia della guerra. Effettivamente, talvolta è difficile non vedere la guerra in termini cinematografici: i temi del coraggio e del proprio sacrificio da ambedue le parti, la tragica distruttività del combattimento hanno un aspetto universale; e lo scenario potrebbe difficilmente essere più pittoresco. Eppure Zulu non è niente affatto il solo film ad aver preso la storia del popolo zulù come proprio soggetto, e un breve quadro generale suggerirebbe qualche interessante cambiamento nell’atteggiamento nei riguardi non solo della storia coloniale britannica ma della storia del popolo stesso.
Nacque così in me per questo particolare periodo storico un interesse che nel corso degli anni si è trasformato in passione a carattere storico, uniformologico e modellistico (Foto a lato: Il momento di massima tensione di Zulu: l’attacco finale e la ritirata nella ridotta).
Quello anglo-zulù è un conflitto relativamente recente che, iniziato nel gennaio del 1879 e conclusosi nel luglio dello stesso anno, ha visto affrontarsi due interessi contrapposti: da un lato la Gran Bretagna prima potenza marinara della storia moderna e prima potenza industriale nonché prima potenza coloniale del secolo XIX, dall’altro il diritto di un popolo come gli Zulù di difendere il proprio territorio conteso per quasi settant’anni con l’uomo bianco.

GLI ZULU’

Popolazione bantù del gruppo Nguni come le altre etnie del sud dell’Africa, gli Zulù, il popolo del cielo (Amazulu), erano un popolo guerriero che imperniava sulla guerra la propria organizzazione sociale e i rapporti con i vicini gruppi indigeni, quali gli Xhosa, gli Ndebele , i Pedi, gli Swazi, i Basotho, gli Tswana. Le tribù vinte, in parte sterminate, venivano assimilate negli Zulù. Altamente organizzato in distinti reggimenti (ibutho, pl. amabutho: ognuno con un caratteristico nome, differenti uniformi, canti e gridi di battaglia, una caserma reggimentale e tutti con i loro appropriati comandanti) basati in modo elastico sulle classi dì età, e caratterizzato da severa disciplina e ben collaudate tattiche di battaglia, l’esercito zulù impose rapidamente se stesso come potenza dominante nel sud dell’Africa e così divenne una delle più violente antagoniste mai incontrate dalle forze coloniali britanniche. Una forma di coscrizione forniva nuovi guerrieri per l’esercito. Il senso di orgoglio nell’appartenere ad un particolare clan fu facilmente convogliato dal sistema imperniato su reggimenti in una fierezza specificatamente militare. Rivalità tra reggimenti erano deliberatamente incoraggiate dai re zulù, da che esse potevano essere usate come valido effetto sul campo di battaglia. Ciascun re sotto il proprio regno creò una serie reggimenti; alcuni di questi venivano mantenuti negli anni e alcuni fusi tra loro.
L’ordine di battaglia del principale esercito zulù l’11 gennaio 1879 era il seguente: il comandante era Ntshingwayo kaMaholr Khoza; ai suoi ordini tre tronconi, il corpo uNdi (composto da tre reggimenti: uThulwana 1500 guerrieri, iNdlondlo 900 guerrieri, iNdluyengwe 1000 guerrieri), alcuni reggimenti indipendenti (Khandempemvu 2500 guerrieri, iNgobamakhosi 4000 guerrieri, uMbonambi 2000 guerrieri, uNokhenke 2000 guerrieri, uDloko 2500 guerrieri, uVe 2000 guerrieri) e il corpo uNodwengu (composto da tre reggimenti: uDududu 1500 guerrieri, iMbube 500 guerrieri, isAngqu 1500 guerieri). Il corpo uNdi era comandato dal principe Dabulamanzi kaMpande e costituiva la riserva (i fianchi) ad Isandlwana; questa riserva non prese parte alla battaglia, ma fu protagonista, qualche ora dopo insieme ad altri reggimenti unitisi ad essa, dell’attacco alla missione di Rorke’Drift, attacco che fu deciso dal principe senza aver fatto prima alcun serio piano. Gli Inglesi si riferivano agli amabhuto che avevano la base nello stesso accampamento come corpi. Il numero degli uomini, sopraelencati, perciò, deve essere preso con cautela, dal momento che gli Zulù calcolavano l’organico non in reggimenti completi, ma nel numero delle compagnie di un reggimento presente in una data occasione.
Tatticamente l’esercito zulù era molto più avanzato della maggior parte delle altre forze indigene. La sua usuale formazione di attacco, micidiale ma semplicissima, era chiamata impondo zankomo, vale a dire le corna della bestia. Consisteva di quattro componenti tattiche: il petto, cioè il corpo principale , che lanciava un attacco frontale ; le due corna, o fianchi, che si aprivano a ventaglio e cercavano di accerchiare il nemico; e i lombi, o riserva, che veniva posizionata dietro il petto e rivolto con la schiena al nemico, a disposizione per rafforzare eventuali vuoti nell’attacco principale.
I guerrieri erano ben addestrati, e fisicamente in grado di mantenere formazioni serrate anche tra rocce e terreno accidentato, ad una velocità sorprendente.
Gli Zulù erano maestri nel mascheramento, e nell’usare il terreno e la mimetizzazione per nascondere grossi concentramenti di guerrieri.
Le cariche degli Zulù solitamente arrivavano al bersaglio, a meno che una potenza di fuoco superiore non li costringesse a terra, o perdite eccessive obbligassero i loro capi a richiamare l’attacco per raggruppare le forze e rientrare. Una volta a contatto con l’avversario, i guerrieri zulù potevano normalmente travolgere i loro avversari inglesi nella mischia, a meno che il nemico non fosse al riparo di trincee e ridotte. Il singolo guerriero in battaglia era ispirato da un solo obiettivo: raggiungere il nemico fino a poter far buon uso della sua lancia, la iklwa (innovazione introdotta dal re Shaka), con una lama lunga 18 pollici e larga 1 pollice e 1/2 stabilizzata su un manico lungo circa 30 pollici. Egli portava anche un certo numero di lance più leggere , da getto, chiamate ingicawe, che venivano lanciate da corta distanza, poco prima di contattare il nemico. In combinazione con le lance da punta e da getto (chiamate genericamente assegai dagli Europei), il guerriero zulù portava anche il suo leggendario scudo ovale di pelle di mucca, alto da 80 a 110 centimetri: il tipo più piccolo umbumbuluzo fu più popolare che l’originale isihlangu, sebbene entrambe i tipi furono portati, mai all’interno dello stesso reggimento. Un’ampia gamma di mazze di legno, iwisa, fatte con il legno più duro e pesante che fosse disponibile completavano l’impressionante panoplia d’armi da combattimento di questi guerrieri. Le asce erano meno comuni e portate come un’arma di prestigio dagli uomini di rango. Per quanto riguarda le armi da fuoco gli Zulù le conobbero per la prima volta quando i primi Europei arrivarono nel paese sotto il regno di Shaka così che in occasione del primo conflitto con i bianchi, la guerra tra il regno di Dingane ed i Boeri (i Voortrekkers) nel 1838, gli Zulù erano pronti ad affrontarle. Una importazione di larga scala nello Zululand di fucili si ebbe negli anni ’60 tra il commerciante John Dunn e l’erede legittimo il principe Cetshwayo. Sebbene nel 1879 un gran numero di Zulù portava alcune tipologie di fucili, essi continuarono a riporre ulteriore fiducia nelle loro armi tradizionali.

Non esiste alcuna prova diretta contemporanea per quanto riguarda le tipologie di armi e le tecniche di combattimento nell’era pre-Shaka. Fu ipoteticamente un’età quando il combattimento era condotto secondo ruoli distinti, quando l’arma principale era la lancia da getto, e quando le perdite erano lievi. Tutto ciò apparentemente cambiò quando Shaka introdusse la lancia corta da taglio a lama pesante e più larga delle precedenti e tecniche di combattimento a distanza ravvicinata: le battaglie divennero brutali lotte per la sopravvivenza. In che misura quest’immagine è accurata è impossibile dire, ma è vero che la lancia da getto non è particolarmente un’arma distruttiva, e che dalla prima volta che i bianchi arrivarono nello Zululand, nel 1824, gli Zulù furono impegnati a un concetto di combattimento corpo a corpo con armi da taglio.
Quando un reggimento veniva creato (perché il re riteneva che ci fossero abbastanza cadetti radunati insieme attorno al regno) il re, oltre a stabilire un nome specifico ed un campo-base, specificava che dovesse indossare una particolare uniforme di animali da pelliccia e animali pennuti, e portare uno scudo con un particolare colore sulla superficie. L’abbigliamento comune di uno Zulù maschio era minimo: consisteva di una piccola guaina di foglie di bamboo (umncedo) indossata sopra il pene. Un uomo si pensava fosse decentemente vestito in tutte le circostanze se egli non indossava nulla eccetto l’umncedo. Di fatto, tuttavia, almeno tutti gli uomini indossavano un rivestimento di lombata (umutsha) sopra a tutto. Questo consisteva di una stretta cintura di pelle di animale, con un quadrato di soffice cuoio di vitello, sopra la natiche, e grappoli di code di animale (comunemente strisce di pelliccia di civetta intrecciate insieme) appese davanti. Era sopra l’umutsha che l’abbigliamento del reggimento era indossato (Foto a lato: Un giovane guerriero del reggimento iNgobamakhosi nel tipico abbigliamento da guerra del periodo 1879).
Il più vistoso in questo era un’abbondanza di code di mucca. Queste erano legate in cespi a cinghie, che erano indossate attorno alle braccia e alla gambe, o ad una collana. Tali ornamenti del corpo erano comuni a tutti i reggimenti, sebbene i reggimenti più anziani indossavano un magnifico kilt o insimba di code intrecciate alla vita e ricadenti sulle ginocchia. Era nella acconciatura, comunque, che le più sorprendenti differenze potevano essere viste. La base dell’acconciatura era il umqele, un rotolo imbottito, comunemente di lontra o pelle di leopardo, cucita in un tubo, e accuratamente annodato oltre la testa. Penzolanti in giù dai lati, c’erano lembi sulle orecchie di pelle di scimmia. Infilati nella banda della testa vi era una varietà di piumaggio. Alcune piume recavano delle connessioni con la gioventù, altre con la anzianità. Piume di struzzo erano indossate in un’abbondanza e in una varietà di combinazioni. Altre piume erano indossate conformemente ai dettami del re. Una caratteristica dell’uniforme dei reggimenti giovani era la amaphovela – due strisce rigide di pelle di mucca che erano dirette attraverso la fronte così da alzarsi sopra le tempie.
Per la maggior parte, il costume abbondante era indossato solo in occasione di cerimonie. In primo luogo, parte di ciò era disagevole – le pesanti collane di pelle di mucca irritavano il collo, per esempio – in secondo , era fragile e dispendioso. Il numero di pelli e piume per vestire un esercito in eccedenza su 20000 uomini era sbalorditivo. Parte del costume era fornito dal re stesso e veniva da materiale presentato a lui come tributo. Il re distribuiva un numero di articoli quando arruolava un reggimento, e più tardi se il costume era in qualche modo modificato. La maggior parte delle pelli e delle piume andò ai guerrieri che erano conosciuti al re e che ottennero una notevole condizione sociale in virtù del suo favore. Fu lasciato ai guerrieri di procurarsi il resto del costume. Quando le complete decorazioni erano indossate, era importante che i singoli guerrieri fossero ben presentati, dal momento che apparire vestiti malamente davanti al re era considerato una disgrazia. I costumi dei vari reggimenti erano conosciuti, e qualsiasi uomo non indossasse il suo opportunamente era soggetto a derisione o picchiato. Alcuni elementi erano particolarmente indicativi del rango: i più anziani potevano indossare pelli di leopardo in qualsiasi quantità; la carcassa o la pelle di leopardo venne indossata qualche volta attorno alle spalle da uomini importanti; le piume scarlatte dovevano essere indossate solo da comandanti anziani militari o civili o da uomini favoriti del re.
Sebbene alcuni guerrieri mantennero parte delle decorazioni in battaglia, gli uomini più giovani non indossarono nulla tranne una copertura per i genitali e una collana amuleto per evitare il male.
Il principale segno di distinzione dell’uomo sposato era l’isicoco (anello del re). Questo era fatto fissando una fibra nei capelli, radendo la testa attorno ad essa, allora coprirla con gomma, che allora era altamente lucida.
Lo Zululand, emerso come un regno forte e aggressivo all’inizio del diciannovesimo secolo, dominava su tutta l’area grazie soprattutto all’opera di un personaggio carismatico ancora oggi ricordato e avvolto dalla leggenda: il re Shaka kaSenzangakhona che, sconvolto l’assetto pacifico degli Nguni e dei popoli vicini e tenendo in scacco Inglesi e Boeri, seppe unire per la prima volta le varie tribù zulù in un’unica potenza militare così vasta da comprendere nella massima fase di espansione del 1824 un esercito di 15000 uomini fino ad arrivare a 50000 alla metà dell’800 sotto gli altri re.
Il territorio zulù cambiò nell’arco di due generazioni da un’area di 1200 miglia quadrate ad un’enorme distesa dodici volte più grande estendendosi dalla regione intorno ad Utrecht e Luneberg nell’ovest, fino alla costa orientale, e dal fiume Pongola nel nord fino al fiume Tukhela nel sud. I confini non furono fissati e furono mantenuti solo dalla guerra; al di là di questi un grande territorio di nessuno inizialmente spopolato. Gli Zulù ancor prima che con l’esercito di Sua Maestà dovettero combattere con i Boeri, eredi degli antichi coloni olandesi che spostandosi all’inizio del diciannovesimo secolo dalla costa verso l’interno (fondata la Repubblica del Natal nel 1842 furono costretti dagli Inglesi a spingersi più a nord dopo che questi ultimi vi avevano proclamato la sovranità ), rimasto sconosciuto al mondo per più di due secoli, incontrarono i vari gruppi indigeni africani che si opposero alla loro marcia.
Durante gli anni settanta lo Zululand era stato circondato su due lati dalla rapida espansione delle comunità coloniali europee; gli Inglesi nel Natal al sud, ed i Boeri della repubblica del Transvaal all’ovest. La venuta dei bianchi non era stata sempre pacifica, e la nazione zulù aveva sofferto un numero di guerre rovinose che indebolirono la sua forza economica e militare. Nel 1873, comunque, un nuovo re zulù, Cetshwayo kaMpande succeduto a suo padre Mpande, iniziò un programma di riforme interne mirate a rivitalizzare l’impianto dello stato. Il dosaggio delle forze fu sfortunato: nello stesso periodo i suoi vicini si stavano rendendo conto di considerare il suo regno come una minaccia ai loro stessi interessi nella regione. Fu, tuttavia, solo questione di tempo prima che le differenti aspirazioni delle due nazioni, britannica e zulù, le portassero alla contesa, ed infine al confronto.
Alla fine del diciannovesimo secolo la fama degli Zulù era diffusa in tutto il mondo ed il loro esercito fu una delle poche organizzazioni militari non europee ad esser diventato il soggetto di seri studi storici. Solo il loro nome è ancora sinonimo di coraggio, disciplina e abilità militare.
La natura guerriera di tale popolo si può notare oggi giorno nel combattimento corpo a corpo con bastoni la cui tecnica viene affinata fin da giovane età come manifestazione di virilità; considerata come una forma di arte marziale, viene particolarmente riproposta in ogni occasione ufficiale, come i matrimoni, in cui la comunità si riunisce indossando abiti cerimoniali e riproponendo danze popolari.
Basti pensare che ancora nel 1994 migliaia di zulù, la maggiore etnia della regione del KwaZulu-Natal (la più turbolenta della Repubblica del Sud Africa), si radunavano durante il periodo preelettorale su richiesta del loro capo il principe Mangosuthu Buthelezi (Jones) leader dell’Inkatha Freedom Party che detiene il governo provinciale, rivale dell’ANC. Si poteva così assistere a scene simili a quando gli Zulù nel secolo scorso incutevano terrore con le loro danze di guerra ed i canti ritmati immediatamente prima di entrare in conflitto con il nemico. Credo che questo denoti la forte coscienza che questo popolo abbia del proprio passato e della propria identità nazionale che ancora oggi con fermezza cerca di rivendicare di fronte a tutto il paese compreso l’uomo bianco, gli Afrikaner (discendenti degli antichi coloni olandesi, i primi antagonisti bianchi degli Zulù), la classe dirigente del Sud Africa, anche se il durissimo periodo dell’apartheid è solo un ricordo peraltro non molto lontano (il 3 dicembre 1993 il Sud Africa ebbe il suo primo governo multirazziale in 350 anni; il 2 maggio 1994 il presidente De Klerk ammise la sconfitta dopo un inaspettato successo politico dell’ANC ottenuto alle prime elezioni democratiche del 27 aprile del 1994 con le quali il partito guidato da Nelson Mandela dominò in tutte le province tranne quella occidentale del Capo e il KwaZulu-Natal).
Quando l’esercito zulù fu sconfitto dai Britannici molte delle sue istituzioni furono irrevocabilmente frantumate, mentre altre furono successivamente indebolite dal decennio di guerra civile che seguì. Così l’esercito zulù nella sua forma pura ebbe solo un limitato arco di vita, ma le tradizioni più antiche dalle quali emerse si sono attardate nella società zulù fino a tempi recenti. Prima del 1879 l’esercito zulù era stato caratterizzato da un sistema reggimentale nel quale gli uomini giovani della nazione venivano ordinati a prestare un periodo di servizio militare; questo durava dal loro arruolamento, all’età di diciotto o diciannove anni, fino a che veniva loro concesso il permesso di sposarsi e congedarsi, che non doveva accadere prima che avessero raggiunto i trentacinque anni. Quando gli Inglesi abbatterono il re zulù nel 1879, sconfissero i suoi reggimenti, distrussero molti dei suoi campi base (ikhanda, pl. amakhanda), l’esercito nazionale zulù effettivamente collassò,
sebbene il concetto di reggimenti di età che offre servigio alla Casa Reale sopravvisse in una forma molto modificata nel ventesimo secolo. Gli uomini zulù tuttora di tanto in tanto sono presenti ad importanti raduni con il tradizionale abbigliamento; sebbene i vecchi reggimenti sono scomparsi, gli uomini ancora si riferiscono a se stessi con il termine amabutho, ed il loro costume ritorna al 1879 ed oltre.
Oggigiorno la nazione zulù ha una popolazione di circa sei milioni di individui, facendone il più vasto dei gruppi della popolazione del Sud Africa, in un certo senso. Parte dello Zululand fu incorporato nell’antico Bantustan (patria africana tribale) del KwaZulu. In un accordo segreto progettato per conseguire l’appoggio zulù nelle elezioni multirazziali per il Sud Africa del 1994, il territorio del KwaZulu fu trasferito ad un monopolio controllato dal re zulù Zwelithini Goodwill KaCyprian Bhekuzulu. Nel 1994, quando le terre natie furono soppresse e restituita la cittadinanza ai suoi residenti, il KwaZulu divenne parte della provincia del KwaZulu-Natal della Repubblica del Sud Africa.
Come è evidente dalla storia degli Zulù, il comandante, o capo, è investito di poteri basati sulla sua genealogia. Egli gioca un importante ruolo nel governo della patria zulù e agisce anche come voce del suo popolo sulla scena internazionale. Sebbene gli Zulù sono ufficialmente guidati dal governo del Sud Africa, questi spesso agiscono come una voce dissenziente nel panorama nazionale. Il partito dell’Inkata Freedom di etnia zulù inizialmente si oppose all’accordo tra l’ANC e il governo del Sud Africa ma partecipò nel 1994 alle elezioni multirazziali. Leader dell’Inkata Freedom è Mangosuthu Gatsa Buthelezi: capo e primo ministro del Bantustan tra il 1970 e il 1994, nel 1975 fece rivivere il vecchio partito Inkata come una organizzazione anti-apartheid. Negli anni ottanta divenne un importante critico dell’African National Congress e suo appoggio alla guerriglia e alle sanzioni internazionali contro l’apartheid. I primi anni novanta videro in crescendo scontri violenti tra i sostenitori dell’Inkatha Freedom e quelli dell’ANC. L’Inkatha boicottò nel 1993 le conferenze multipartitiche che scrissero una nuova costituzione per il Sud Africa sanzionata con legge. Buthelezi è stato nominato ministro degli Interni nel governo di Nelson Mandela. Buthelezi ha fatto rinascere un numero di rituali che erano stati praticati per l’ultima volta durante i regni del re Shaka e dei suoi diretti successori; ne ha anche introdotti alcuni nuovi come l’annuale Reed Cerimony derivato da un rituale swazi, e incoraggiato i suoi seguaci ad adottare forme di abbigliamento associate al retaggio dell’orgoglio militare del regno zulù. Come risultato di ciò, un largo numero di Zulù di madre lingua hanno rinnovato il loro interesse nella storia zulù durante gli ultimi anni del ventesimo secolo.
Nessuna cultura è mai statica, tuttavia, e il trascorrere di un secolo ha prodotto un numero di importanti cambiamenti negli usi e costumi. Una maggiore differenza si è avuta nel cambiamento del significato del matrimonio tra gli Zulù: prima del 1879 il matrimonio per gli uomini era un rito di passaggio enormemente significativo che segnava la transizione dalla gioventù ai diritti e responsabilità della completa virilità. La distinzione tra gli amabutho composti da uomini celibi e quelli da coniugati era profonda nell’antico regno zulù, dal momento che i primi erano considerati la prima linea di difesa del re, mentre i secondi potevano essere radunati solo in tempo di disperata emergenza. Il numero degli uomini che indossano costumi tradizionali, sempre in speciali occasioni, è ristrettissimo se paragonato con i vecchi tempi; così è inevitabile che alcuni articoli vengano visti raramente.
La popolazione zulù oggi è tutt’altra cosa dalla nazione bellicosa dell’ultimo secolo, che attrasse l’attenzione di tutto il mondo attraverso le sue guerre con i bianchi colonizzatori del Sud Africa, guidata dai loro potenti re: Shaka, Dingane, Mpande, Cetshwayo e Dinuzulu. Sebbene questo breve periodo della loro storia può forse essere più conosciuto (il regno zulù fu forgiato negli anni venti del 1800 e annientato nel 1879), vi è infatti ancor più da conoscere sugli Zulù. Molti di essi si sono urbanizzati, e intraprendono professioni in molte classi sociali. Sebbene i costumi e le credenze tradizionali degli Zulù siano ancora fortemente radicati nelle aree rurali, gli uni e le altre stanno rapidamente per essere erosi e rimpiazzati dalla dominante cultura occidentale del Sud Africa. È solo una questione di tempo, dunque, prima che un’importante parte dell’eredità culturale del Sud Africa diventi qualcosa del passato.