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Pirati, I parte – A. de Lellis

La storia della pirateria è vecchia quanto il mondo, addirittura i greci fanno iniziare la storia classica con un atto di pirateria. Praticamente da che l’uomo è riuscito ad utilizzare un’imbarcazione per navigare i pirati hanno utilizzato altrettante imbarcazioni per le loro scorribande. Nell’epoca classica i stessi romani dovettero vedersela con i pirati, gli stessi Etruschi e Fenici, venivano considerati dall’impero romano dei pirati, il quale dovette faticare non poco per reprimere il fenomeno.
Andando più avanti nella storia troviamo quei formidabili navigatori, non che guerrieri detti Vichinghi, che tutti conosciamo benissimo. Non mi stancherò mai di ripetere che i Vichinghi, in assoluto, hanno creato un tipo di imbarcazione all’avanguardia per quei tempi, che permise a queste popolazioni di raggiungere l’irraggiungibile, con relativa facilità. Oggi le testimonianze storiche ci confermano che per primi riuscirono a mettere piede sul suolo americano, esattamente in Canada, dove formarono anche un piccolo insediamento (vedi la [url=http://www.alfamodel.it/modules/smartsection/item.php?itemid=228]Nave di Gokstad[/url])
Tutto questo avveniva nell’alto medioevo, da dove pian piano si arriva al riascimento, dove il mediterraneo brulica di pirati saraceni. Ma i saraceni sono da definirsi pirati o corsari? Più avanti spiegheremo questa sostanziale differenza, ma una cosa è certa che nel mercanteggiare schiavi c’era ben poco del corsaro. La nostra penisola, isole comprese, è piena di tracce di questa attività barbaresca e ancor prima ottomana, vuoi o non vuoi per la religione o per altro queste popolazioni hanno sempre dato un bel da fare alle nostre coste. In testa a tutti ci fu il Barbarossa, che era a a capo della flotta corsara dei barbareschi. Un colpo determinante all’attività di queste popolazioni fu dato, dalla ormai potentissima marina britannica con il bombardamento di Algeri nel 1816, che pose fine al predominio di questo potente porto pirata sul mediterraneo.
Giungiamo ora “all’epoca d’oro” della pirateria, un’epoca che ha inizio con la scoperta dell’America, territorio pieno di ricchezze che oltre a far gola alle maggiori potenze navali dell’epoca, tra le quali Spagna, Francia Olanda e non per ultima Inghilterra, il via vai di questi tesori iniziano a dar luogo al fenomeno della pirateria più classica, che solitamente, si colloca come maggiore attività in un periodo compreso tra XVII e XVIII secolo, con un momento di massima fertilità collocabile intorno al 1720.

OPPRESSIONE E RIBELLIONE

Alexandre Olivier Exquemelin, ci ha lasciato senza dubbio una delle più belle testimonianze scritte dell’epoca dei pirati, con uno scorcio sulla società dell’epoca nella famigerata Tortuga, sul nascere di grandi adunanze di predoni del mare come furono i Filibustieri e i Bucanieri, più propriamente detti “Fratelli della Costa”. Di Exquemelin si sa ben poco, ma l’inizio della sua carriera, coincide con tante carriere di ben più famosi pirati, anche se lui fu solo medico imbarcato con i pirati, figura di notevole importanza a bordo qualsiasi nave. Giunse da adolescente alle Antille con un indentatus probabilmente, un contratto di servaggio vincolato, ovvero come schiavo. Ridotto in fin di vita dal suo padrone, fu venduto per una cifra irrisoria ad un “dottore” che lo curò e se lo tenne come schiavo e apprendista. In seguito Exquemelin riuscì ad affrancarsi, ed essendo a sua volta ormai un “dottore”, trovò ingaggi allettanti nelle ciurme di pirati. Ebbe così modo di mettere da parte un discreto capitale, e di conoscere in prima persona tanti i cui nomi sarebbero diventati leggenda. Tornato in Europa studiò per diventare medico a tutti gli effetti e pubblicò il resoconto che lo avrebbe reso celebre al pari dei pirati veri e propri: De Americanesche Zee-Roovers.
Henry Morgan tornò in Inghilterra mentre il libro di Exquemelin faceva furore, e dovendosi ricostruire una reputazione, citò l’autore per diffamazione. Exquemelin perse la causa, e il denaro guadagnato col libro fu speso per rifondere Morgan. Povero, dovette tornare a esercitare come medico a bordo delle navi.
Questo suo inizio e questa sua fine è comune alle storie di molte vite da pirata, ma vediamo le cause che diedero il via alla diffusione di questo fenomeno. Le cause della pirateria classica sono principalmente due:

 La prima è da ricercarsi nella disoccupazione. Infatti dato l’irrefrenabile espandersi della Spagna nelle nuove colonie, dalle quali e per le quali partivano dei veri e convogli di navi tesoriere, Francia e Inghilterra appoggiavano la “guerra da corsa”, cioè i corsari, impegnati nell’attacco di queste navi e questi tesori, con lo scopo di indebolire il predominio spagnolo nelle nuove colonie, e quindi in Europa. Ricordiamo ad esempio Francis Drake, imbevuto nel vero senso della parola di odio nei confronti della Spagna, nominato poi Sir da Elisabetta I, o lo stesso Henry Morgan, anch’egli fatto Sir, che concluse la sua vita come governatore per conto dell’Inghilterra, e morì ucciso dal rum. Questo fatto di cose poté andar bene, per un certo periodo, ma quando venne meno l’appoggio dell’Inghilterra e della Francia ai corsari, dato il riequilibrio delle potenze in Europa, e sopratutto dopo il Trattato di Utrecht, molti di quelli che fino allora erano stati corsari, si ritrovarono disoccupati, e vuoi anche per l’alto senso di libertà conquistato in quel periodo di scorribande, mutarono da corsari in pirati, proseguendo la loro attività da sotto una bandiera a sotto nessuna bandiera o meglio, la bandiera nera.

 La seconda delle cause, è senza dubbio da ricercarsi nelle condizioni di vita, che caratterizzavano il lavoro di un marinaio intorno al 1700. A differenza dei primi anni della grande conquista del continente americano, le condizioni di vita a bordo delle navi erano sensibilmente peggiorate. Rispetto a prima, i marinai percepivano la metà del salario e data l’entità di merci da trasportare e il numero di marinai a bordo delle navi, erano costretti a vivere lunghi periodi di navigazione in spazi angusti, mal nutriti e sottopagati. In più il trattamento reso ai marinai da parte dei comandanti era ai confini dello schiavismo, e non passava giorno che a bordo non ci fossero orribili punizioni nei confronti di marinai già sfiancati dai disagi delle traversate, dalla fatica e dalla malnutrizione con tutte le malattie che comportava. Ancora più drastica era poi la situazione a bordo delle navi da guerra, dove spesso gli uomini venivano reclutati a forza nei porti. L’unica alternativa allettante era dunque la prospettiva di una vita nella piena libertà, con facili guadagni, con l’unico rischio di una morte in battaglia o per impiccagione, rischio ben accettato, in alternativa ad una morte per stenti, dopo una vita di sofferenza a bordo di un mercantile o di una nave da guerra.
Queste sono senza dubbio le due scintille che diedero vita al fenomeno della pirateria, ma bisogna innanzi tutto fare un po’ d’ordine nella terminologia e nelle epoche durante le quali si sono succedute vari forme (per così dire), di questo fenomeno, che tra il 600 e la metà del 700 ha contribuito avvolte inmodo silenzioso, e avvolte in modo più eclatante, allo svolgersi della storia e agli equilibri internazionali, da parte di uomini etichettati come semplici ladroni o briganti del mare, ma che in realtà avevano instaurato tante piccole società, all’interno delle quali vigevano semplici ma precise regole, a dispetto delle trame internazionali, delle grandi potenze del momento, unicamente occupate al proprio arricchimento monetario e ai propri interessi politici.

BIBLIOGRAFIA:

 Il corsaro nero E:Salgari
 Storia della Pirateria David Cordingly
 Bucanieri nei Caraibi. Cronache di un medico pirata Exquemelin Alexandre