Il fronte d’alta montagna e la Battaglia del Grappa – G. Coglitore Garufi

Henschel HS 126 – V. De Santis
18 Gennaio 2008
Scheda Uniformologica: Alpino 1916 – A. Fabri
25 Gennaio 2008
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Il fronte d’alta montagna e la Battaglia del Grappa – G. Coglitore Garufi

La linea del fronte si snodava su un terreno molto impervio e partendo dal Passo dello Stelvio scendeva fino a Riva del Garda per poi risalire al Passo Monte Croce Comelico e continuare fino a Gorizia e Trieste. Nell’attraversamento di tale fronte d’alta quota, per un totale di circa 650 km, si toccarono cime come l’Ortles (m.3990) dove fu issato il pezzo d’artiglieria più alto di tutto l’arco alpino, e ghiacciai come l’Adamello (m.3550) e la Marmolada (m.3342), costituirono un nuovo fronte unico al mondo.
Per combattere ad un’altezza accettabile, bisognava degradare verso il Veneto e lungo i “Sacri fiumi” Piave, Tagliamento ed Isonzo, dove con le famose undici battaglie, furono posti fuori combattimento 558.308 soldati tra feriti, caduti e dispersi.
Fanterie, Alpini e Kaiserjägher negli anni di guerra si contesero una cima o pochi metri di terreno con prezzi altissimi di vite umane e con un senso d’abnegazione oggi difficile da comprendere. L’aspetto tecnologico superò la strategia e le artiglierie quando aprivano il fuoco facevano delle vere stragi.
A differenza dei fronti francese e russo, il fronte italiano era totalmente su terreno montagnoso, salvo i circa 30 Km del settore da Gorizia al mare, che erano in terreno collinoso. I servizi logistici fecero da entrambe le parti autentici miracoli: riuscirono a far operare in alta quota centinaia di migliaia di uomini, anche nella durissima stagione invernale. Dare loro rifugio, rifornirle di viveri, generi di conforto, vestiario pesante, medicinali, armi, munizioni, fu un’impresa titanica. E poi la costruzione di ardite strade militari, di gallerie, di fortificazioni in zone impervie, con il pericolo dell’assideramento e della morte bianca: la valanga.
E’ un capitolo di storia militare che dimostra il grande spirito di sacrificio e di adattamento a condizioni di vita, al limite delle umane possibilità, dei combattenti della Grande Guerra.
Si avevano turni di trincea incredibili, con vedette in posizione per ore e ore senza un rancio caldo e con temperature sotto lo zero, perchè il cambio poteva avvenire solo di notte, quando il “cecchino” non poteva tirare a vista. Valga come esempio il famoso “budello”, ossia la lunetta B del Monte Mrzli, a quota 1360 sulla riva sinistra dell’Isonzo. Era la testa della trincea, che, sfruttando un colatoio di acque meteoriche in terreno franoso, si avvicinava a poche decine di metri sotto la linea austriaca che correva sulla cresta sommitale del Mrzli. I turni duravano 15 giorni, un’eternità, con i soldati che dovevano sempre stare carponi o sdraiati, perchè, se si fossero alzati, c’era l’inevitabile fucilata nemica.
D’inverno il freddo uccideva; d’estate il caldo, la mancanza d’aria e il tanfo erano insopportabili.
Le assi, stese nel colatoio per strisciarvi sopra, erano marce d’acqua e di fango e le coperte, mantelline e divise s’inzuppavano d’acqua lurida.
Nel maggio del 1916, il generale Conrad, sferrò la grande offensiva conosciuta con il nome di “Strafexpedition” (spedizione punitiva); la resistenza sul Pasubio e sugli Altopiani evitò lo sfondamento del fronte ed il conseguente dilagamento delle truppe austriache sulla direttrice Asiago-Vicenza.
Nel frattempo una nuova arma compare contro le nostre truppe: la mattina del 29 Giugno 1916 l’XI Corpo d’Armata italiano, dislocato nella zona San Michele e San Martino del Carso, venne colpito da nuvole di gas e da granate caricate con asfissianti. Fu il primo attacco su vasta scala condotto sul fronte italiano con aggressivi chimici e colse assolutamente impreparati i difensori, mettendo rapidamente fuori combattimento 7.000 uomini, tra morti e feriti. Il vento, però, fece sommaria giustizia, cambiando direzione e sterminando anche molti soldati austriaci.
Carlo I° Arciduca d’Austria, così descrive nelle sue memorie l’attacco:
” Profondo silenzio regna nelle trincee italiane. Il gas ha compiuto stragi spaventevoli.
Vedo dei moribondi che si trascinano a stento, vacillando ed appongiandosi come ubriachi.
Anche le truppe di seconda linea sono state colpite ed interi battaglioni e compagnie di riserva sono a terra, fulminati al loro posto.
L’azione terrificante del fosgene annuncia ovunque la sua indescrivibile potenza. Mi affretto in automobile verso il vallone di Doberdò ed osservo dei bersaglieri che arrivano a piedi, da soli; altri nelle barelle o sorretti per le ascelle, ma poi tutti cadono a terra e si dibattono tra orrendi spasimi, spirando in capo a qualche attimo”.
Come se non bastasse il nemico per la prima volta sul fronte italiano usa la mazza ferrata, o anche mazza chiodata. Queste armi erano già alquanto diffuse tra i contendenti sul fronte francese nel 1914, ma solo dal 1916 divennero tristemente famose anche per gli italiani.
Durante l’attacco contro la linea difensiva italiana vennero impiegati due reggimenti composti da soldati del 7° e del 20° Honvéd, uomini addestrati alle tecniche d’assalto e armati con mazze chiodate; negli intendimenti del Comando austriaco questo efficace strumento di offesa-difesa nel corpo a corpo sostituiva il fucile con baionetta inastata, troppo difficile da maneggiare nelle trincee (Foto a Lato: Teleferica sul Monte Grappa).
Fra tante battaglie, il nemico si organizza per riprendere l’offensiva, cosa che Cadorna non sospetta.
Non gli bastano né i segnali dei movimenti avversari, né i racconti di alcuni prigionieri austriaci, né l’intercettazione di alcuni messaggi-radio per allertarsi e così a Caporetto avviene la disfatta, di cui parte della responsabilità è da attribuire al generale Luigi Capello, che disobbedisce agli ordini di rimanere sulla difensiva. Altri nostri generali, come Ramorino, Cialdini, Albini, Bongiovanni, Cavaciocchi, Vanzo, Badoglio, saranno riconosciuti dalla storia i responsabili di tale disastro. Il duro colpo subito apre gli occhi un po’ a tutti.
Cade il ministero Boselli, succeduto a Salandra nel 1916, lo sostituisce Vittorio Emanuele Orlando, mentre le sinistre, con Filippo Turati in testa, si schierano a favore della concordia nazionale. Per il paese è uno choc tremendo, finalmente ci si rende conto che la guerra è una cosa terribilmente seria e che riguarda tutti.
L’esercito italiano uscì dall’esperienza tragica di Caporetto e dal ripegamento al Piave in condizioni drammatiche, che si evincono dalle significative seguenti cifre:

24 ottobre 1917………….10 Novembre 1917

53,5 divisioni……………………31divisioni
1.350.000 uomini……………..700.000 uomini
6.400 p.d’artiglieria……………3.250 p. d’artiglieria

Furono posti fuori combattimento 350.000 uomini tra caduti, feriti e prigionieri, 300.000 sbandati da reintegrare nei ranghi, 3.152 cannoni, 1.732 bombarde, 3.000 mitragliatrici, 2.000 pistole mitragliatrici, 300.000 fucili, interi depositi di viveri, munizioni e materiale vario.
A questi cospicui danni materiali, senza soffermarci sugli enormi danni morali, si dovevano aggiungere 900.000 cittadini italiani delle province di Belluno, Udine, Treviso, Vicenza e Venezia, rimasti sotto una dura occupazione straniera, con fame e soprusi, e altri 300.000 che avevano abbandonato le loro case ed erano sparsi come profughi in tutte le regioni d’Italia. Per fortuna sull’altro piatto della bilancia si poterono collocare due fatti di grandissimo peso.
Il primo fu l’accorciamento del fronte dai 650 Km. (prima di Caporetto) a 410 Km.
E’ vero che, anche a chi si apprestava all’offensiva, un fronte meno ampio consentiva un maggior concentramento di forze nel punto scelto per lo sfondamento, ma all’esercito italiano, così scarso di uomini, esso dava almeno la possibilità di guarnire tutti i settori.
Si presentava con questa nuova situazione un fronte corto e logico, in cui nessuno degli avversari era favorito come tracciato e quote. Il fronte ora era anche aperto a un’eventuale operazione campale che poteva portare a estreme conclusioni, perchè l’esercito austriaco non era più soltanto in situazione d’attesa sulle proprie posizioni montane, ma era anche in pianura per un centinaio di Km da Pederobba al mare.
Il secondo fatto molto positivo fu l’immissione il 15 novembre 1917 nelle unità combattenti di 260.000 diciottenni, “i ragazzi del ’99”, che, con la loro spensieratezza e il loro genuino entusiasmo, diedero linfa vitale ai reparti dell’esercito italiano, contribuendo alla resistenza prima, e, un anno dopo, al balzo vittorioso di Vittorio Veneto.
Il 10 novembre comunque, di fronte agli austro tedeschi, sulla linea difensiva italiana, erano disponibili: 400.000 uomini del III Corpo d’Armata e della 1° Armata e 300.000 superstiti delle Armate 4° e 3°, per un totale, come detto, di 700.000 uomini, appoggiati per lo più da artiglierie di medio e piccolo calibro, perchè molti pezzi di grosso calibro, privati degli otturatori, erano rimasti, monumenti alla sconfitta, sulle vie della ritirata o nelle postazioni sul fronte isontino.
L’opinione degli esperti, italiani, alleati e avversari, era per una probabilissima rottura anche della linea Altopiani – Grappa – Piave, con ritirata sulla linea Mincio – Adige, dietro la quale stavano ancora la X Armata francese e la XIV Armata britannica.
Invece queste logiche previsioni saranno smentite, a perenne gloria del soldato italiano, nelle battaglie successive, e soprattutto nella estenuante impari battaglia “d’arresto” dal 10 novembre al 26 dicembre 1917.

La battaglia del Grappa:
( 1°fase ) 14 – 26 Novembre 1917

Al mattino del 14 novembre il XVIII Corpo era schierato sul Grappa con le tre divisioni:
– la 51° divisione, a sinistra, sui costoni che strapiombano sulle valle del Cismon e del Brenta;
– la 15° divisione, al centro, sul M.Grappa e sui costoni fiancheggianti la Valle di Seren;
– la 56° divisione, a destra, da M.Tomatico a M. Spinoncia e M.Boccaor.
L’occupazione del massiccio del Grappa era completata dalla 17° divisione del IX Corpo, schierata sulle posizioni di Monte Tomba-Monfenera con occupazione avanzata a nord di Quero sul M.Tese – Rocca Cisa – M.Cornella. Pochi ed embrionali lavori di difesa si poterono affrettatamente compiere in quei primi giorni di occupazione; la scarsezza dei mezzi e delle artiglierie, inoltre, rendeva veramente drammatica la nostra situazione.
Pure, sul Grappa, come sugli Altopiani e sul Piave, l’ordine imperioso che era stato dato dal Re come dal Comando dell’Esercito e dal Governo era: Resistere!
Il 10 novembre il nemico riprende la sua azione offensiva contro la nuova linea raggiunta dai nostri, iniziando i suoi attacchi contro le posizioni dell’Altopiano di Asiago, ma la tenace difesa frusta l’intendimento nemico di scendere in piano e chiudere in una morsa formidabile il nostro esercito che, nonostante le gravi perdite subite in uomini e materiali, sul Grappa e sul Piave aveva deciso di resistere.
Il giorno 14 novembre ha inizio il glorioso martirio del Grappa.
Il nemico sferra il suo attacco con l’intendimento di forzare di sorpresa, le difese delle due valli del Brenta e del Piave, investendo così il massiccio del Grappa.
Dalle posizioni avanzate di M.Roncone e M.Tomatico, vigorosamente attaccate, i nostri sono costretti a ripiegare sulle retrostanti posizioni di M.Prassolan, M.Fontanasecca, M.Cornella. Contro tali posizioni il nemico rinnova i suoi furibondi attacchi:
Cismon è occupata, e mentre al centro la difesa del M.Fontanasecca tenacemente resiste, sulla sinistra il nemico occupa Col dei Prai e M.Prassolan, puntando decisamente per M.Pertica alla vetta del Grappa; ma la pronta e vigorosa reazione dei nostri che contrattaccano sulla fronte e dal Col dell’Orso bersagliano sul fianco il nemico che è costretto a ripiegare; sulla destra dopo valorosa resistenza la difesa e costretta ad arretrare da M.Cornella su M.Tomba – Monfenera, dove i reiterati attacchi per forzare decisamente lo sbocco in piano sono sanguinosamente respinti.
La battaglia infuria accanita su tutta il fronte del massiccio montano: il nemico occupa il M.Fontanasecca e progredisce sul M.Spinoncia; insistentemente attacca il M.Pertica ed il Col della Berretta dove la eroica resistenza dei nostri difensori, infliggendogli gravissime perdite, lo obbliga a desistere, da qualsiasi nuovo tentativo di raggiungere il nodo centrale del M.Grappa; contemporaneamente attacca il M.tomba, di cui riesce ad occupare la cima, ma la decisa reazione dei nostri non consente ulteriori progressi.
Il nemico non desiste dal suo intendimento e il Col della Beretta e il M.Pertica, il Col dell’Orso e il M.Salarolo, il M.Spinoncia e il M.Monfenera sono ancora teatro delle epiche gesta dei difensori, che incessantemente contrattaccando fiaccano l’impeto nemico.
Tredici giornate di combattimenti furibondi diedero il crisma della gloria al M.Grappa. Il Monte, gigante vigile del Piave, aveva compiuto il suo miracolo!
Quanto valore e quanto sacrificio in quelle giornate!
La Brigata Como è due volte citata nei Bollettini del Comando Supremo del 16 e 18 novembre per la bella tenacia ed il mirabile slancio nella difesa delle posizioni a nord di Quero.
Alle truppe della 4° Armata rende omaggio il bollettino del 23 novembre, annunziando che nella lotta asprissima gareggiarono tutte in aggressività e bravura (Foto a lato: L’uso del gas).
Il Bollettino del 27 novembre segnala la Brigata Aosta, il 94° Fanteria ed il Batt. Alpini Val Brenta per l’impeto irresistibile con cui travolsero il nemico, che nella precedente giornata aveva lanciato all’attacco contro il Col della Berretta la Divisione Edelweiss, la quale godeva fama di essere la migliore dell’esercito austro-ungarico.
Il diario della 14° Armata germanica, narrando tali avvenimenti, dice: ” Alle 4 del pomeriggio reparti della Divisione Edelweiss occupano il Col della Berretta, ma non riescono, in seguito a forti contrattacchi del nemico, a mantenere il successo”, riconoscendo così la fiera resistenza dei nostri reparti.

La battaglia del Grappa:
( 2°fase ) 11 – 21 Dicembre 1917

Nonostante le gravissime perdite subìte nella precedente battaglia, il nemico dopo breve tempo, rinnova il tentativo di travolgere con uno sforzo ancor più poderoso il nostro esercito, che riteneva incapace di resistere al nuovo urto. Anche questa volta la battaglia divampa sugli Altipiani ed avvolge quindi il Grappa.
Nei pochi giorni di sosta, il nostro Comando Supremo aveva provveduto a riorganizzare la difesa, meglio ripartendo le zone in rapporto alle forze, ricostituendo i reparti depauperati dalle perdite, rimettendo in efficienza i servizi, e, soprattutto, rinvigorendo gli animi per la imminente durissima prova.
Il fronte della 4° Armata, al comando del generale Di Robilant, fu limitata al massiccio del Grappa, escluso il costone M.Tomba – Monfenera.
Già nei primi giorni della precedente battaglia, a rinforzo del XVIII Corpo d’Armata era stato inviato il XXVII Corpo, che aveva partecipato valorosamente alla strenua difesa.
Altri due corpi d’armata venivano assegnati alla 4° Armata della quale cessava di far parte il I° Corpo d’Armata.
Il 2 dicembre la 4° Armata disponeva quindi di 4 corpi d’Armata:
XXVII Corpo a sinistra, sul costone che dal Col della Berretta ripiega a Sud per Col Caprile e Col Moschin, a difesa degli sbarramenti della Valle del Brenta;
VI Corpo, al centro, sul massiccio centrale di M.Grappa;
XXVIII Corpo, a destra, sui costoni nord-orientali del massiccio verso il M.Salarolo, il M.Valderoa e le Porte di Salton; IX Corpo, in riserva, nella pianura a Sud-Est di Bassano.
Il giorno 11 dicembre il predisposto attacco nemico si abbatte, preceduto da furioso bombardamento delle artiglierie, contro le posizioni avanzate di Col Caprile, Col della Berretta, M.Asolone, Col dell’Orso, M.Salarolo, Valderoa, M.Spinoncia.
Nonostante la tenace resistenza dei nostri, il Col della Berretta ed il M.Asolone sulla sinistra, il M.Spinoncia sulla destra, sono, nel giorno seguente, occupati dal nemico.
Ma vigorosi e precisi rispondono i contrattacchi dei nostri, che arrestano ovunque ogni progresso del nemico e riprendono in gran parte il Col della Berretta.
Il nemico rinnova i suoi colpi di maglio cercando di ristrapparci il Col della Berretta e di sboccare dall’Asolone, nonchè di impadronirsi anche di Col dell’Orso e progredire in Val Calcìno, tra il Valderoa e lo Spinoncia, ma ovunque è sanguinosamente respinto. Nè tali insuccessi lo inducono a desistere dalla cruenta lotta, e nella quarta giornata con vero accanimento ritenta la prova investendo le nostre posizioni del saliente di M.Salarolo con azione avvolgente da Ovest e da Nord-Est.
Ma le dense masse nemiche vengono ancora respinte dalla saldezza ammirevole dei nostri fanti che in mischie furibonde contendono all’avversario ogni progresso in questa zona del massiccio montano che costituisce la più diretta minaccia del nodo centrale del Grappa.
Il nemico, noncurante delle gravissime perdite, non rinunzia al suo intendimento di travolgere nel piano la disperata difesa e prosegue la lotta accanita su tutto il fronte del massiccio montano.
A Col Caprile e a Col della Berretta, a Col dell’Orso ed al M.Salarolo infuria il poderoso urto.
Gli eroici difensori contrattaccano con ardimento meraviglioso e la tempesta si infrange quasi dappertutto contro le rocce insanguinate e gloriose
Il 14, fu perduto Col Caprile, ma sulla vetta del Salarolo, sul Valderoa, alle porte di Salton, in fondo Val Calcìno le nostre truppe scrivevano la più bella pagina di quell’epica difesa.
“Il contegno delle nostre truppe della 4° Armata nella lotta che da quattro giorni si svolge asprissima e cruenta fra Brenta e Piave, è pari alla grandezza dell’ora”.
Così il Comando Supremo riepilogava nel Bollettino di guerra del 15 dicembre la prima fase della dura battaglia, che dava ormai fede sicura della inviolabilità del M.Grappa.
Infatti, i reiterati attacchi del nemico nelle seguenti giornate di lotta sono tutti respinti dalla resistenza dei nostri soldati che, animosamente contrattaccando, riescono a stroncare definitivamente l’impeto nemico.
” E così l’offensiva ricca di speranze si arrestò a poca distanza dal proprio obiettivo, e il Monte Grappa divenne il Monte Sacro degli Italiani, che essi possono andare orgogliosi di aver mantenuto contro gli eroici sforzi delle migliori truppe austro-ungariche e germaniche”.
Tale giudizio – che il generale Krafft von Dellmensingen, capo di S.M. della 14° Armata germanica, quella che aveva operato lo sfondamento sul fronte dell’Isonzo, esprime sull’esito delle due prime battaglie sul Grappa – proveniente da autorevole fonte nemica, è una piena conferma e un riconoscimento non dubbio della eroica difesa.
Lo stesso Bollettino di guerra del 15 dicembre segnalava all’ammirazione ed alla riconoscenza degli Italiani, i reparti gloriosi: al saliente del M.Salarolo, le brigate di Fanteria: Ravenna (37°-38°),Umbria (53°-54°), Campania (135°-136°), il 3° Raggruppamento Alpino coi battaglioni: Val Maira, Monte Pavione, Monte Arvenis, Val Cismon, Val Camonica, Val Cenischia, Feltre, Cividale.
E soggiungeva: ” Fra essi meritano l’onore di speciale menzione il II° battaglione del 38° Fanteria, il III battaglione del 53° Fanteria, il battaglione Alpini M.Pavione, ed il battaglione Alpini Val Maira che sul fondo di Val Calcìno, sbarrando la via al nemico col suo glorioso sacrificio, ha affermato ancora una volta l’eroico motto “di qui non si passa”, insegna e vanto degli Alpini nostri”.
E nel Bollettino di guerra del 19 dicembre, al termine dell’aspra battaglia, i fanti del 240° Reggimento (brigata Pesaro) ed i mitraglieri della 2060° Compagnia, avevano il meritato onore di essere segnalati per la mirabile resistenza spiegata ad Ovest di Osteria del Lepre dove riuscì vano lo sforzo nemico che sui costoni occidentali, dal M.Pertica al M.Asolone tentava, ormai senza speranza la conquista del Monte Grappa.
Il 30 dicembre, con un’azione abilmente preparata e condotta, la 37° Divisione francese ritoglieva al nemico il monte Tomba.
Il 14 gennaio 1918, infine, il 22° Fanteria (brigata Cremona), con un bell’attacco, riponeva piede sulla sconvolta cima dell’Asolone, ma, dopo due giorni di lotta asprissima era costretto a ripiegare di nuovo poco sotto la cima.
La eroica difesa delle due prime battaglie, succintamente narrate, aveva manifestato la necessità di concretare un piano completo di lavori affinchè il massiccio montano potesse resistere a qualsiasi tentativo nemico e fosse assicurata alla truppe ogni possibilità di vita e resistenza (Foto a lato: Mazze ferrate).
Le opere, a tale scopo costruite, furono onore e vanto del Genio Militare che diede così anche sul Grappa il suo valido e silenzioso contributo alla vittoria!
Ho cercato di narrare in questo mio articolo i “cenni storici” sulla guerra d’alta montagna e successivamente il quadro delle operazioni relativi alla battaglia del Grappa cercando di dare dei cenni in generale e di spiegare per quanto possibile, gli episodi e le circostanze per cui il Monte Grappa è stato così importante dal punto di vista strategico, la vastità e la complessità del teatro delle operazioni è tale da non poter proseguire, pertanto, mio malgrado, ho omesso la battaglia dall’Astico al mare svoltasi dal 15 giugno al 23 giugno del 1918 nota anche come battaglia “del solstizio” e la battaglia conclusiva di Vittorio Veneto,
perchè la narrazione anche se succinta risulterebbe troppo lunga.
Sono passati tanti anni dalla fine dalla fine della guerra, il Grappa è rimasto e troneggia come simbolo, come memoria, come documento, come esempio, come mònito.
I fianchi del massiccio, i dossi, le valli portano ancora i segni della dura lotta, ma i ricordi degli Eroi, dei reparti, le loro gesta, i fatti d’arme, ci faranno compagnia in questo pellegrinaggio.
Spero, che questo articolo rivolto agli amici modellisti di “figurini storici”, possa dar loro alcuni spunti per ricreare figurini e diorami, nell’intento di tramandare e di mantenere vivo il ricordo di grandi eventi storici, a cui parteciparono, con profondo senso del dovere, i nostri Padri, 650.000 dei quali fecero sacrificio della vita.

Bibliografia

Lucio Fabi, I Musei del Bibliografia
la Grande Guerra, Rovereto Ed.Osiride;
Consociazione Turistica Italiana, Sui campi di battaglia – Il monte Grappa, Milano 1940;
Indro Montanelli, l’Italia di Giolitti (1900/20), Milano BUR,2001;
Water Schaumann, La Grande Guerra 1915/18, Bassano del Grappa, Ed.Ghedina & Bassotti, 1985;
Heinz von Lichem, A. Massignani, M.Maltauro, E.Acerbi, L’invasione del Grappa, Novale Ed.Rossato, 1997;
Gianni Pieropan, 1914/18 Storia della Grande Guerra, Azzate, Ed.Mursia, 1988;
Carlo Meregalli, Grande Guerra 15/18 dal crollo alla gloria, Bassano del Grappa, Ed.Ghedina & Bassotti, 1994.