La Colonna di Traiano – parte IX
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I Cavalleggeri di Lodi, AB41 – R. Rusconi

Allo scoppio della Guerra Italo – turca (1911 – ’12) viene inviato in Libia dove guadagna allo Stendardo ben due Medaglie d’Argento al V.M. (Henni – bu – Meliana 13.10.1911 e Monterus Nero 23.03.1913).
Partecipa, quindi, alla Grande Guerra (1915 – 1918) combattendo su tutti i fronti, distinguendosi per tenacia in Albania, per le cariche attorno a Gorizia (agosto ’16), nonché per perizia ed abnegazione in Francia. Giunge, poi, fino in Bulgaria dove resta con le truppe d’occupazione fino al 1919.
Rientrato in Patria, viene sciolto nel 1920.
Risorge a Pinerolo nel febbraio del 1942 come Raggruppamento Esplorante Corazzato (R.E.Co.) “Cavalleggeri di Lodi” per essere impiegato prima sul fronte francese e poi in Tunisia.
Dopo una traversata del Mediterraneo prodiga di perdite in uomini, mezzi e materiali, giunge in Tunisia dalla Libia e solo dopo 40 giorni riprende il completo controllo del sud della Reggenza, garantendone i collegamenti con la colonia dalla quale giungevano le truppe in ripiegamento dal fronte egiziano.
Alla testa dell’Afrika Korp e della Divisione “Centauro” si spinge in Algeria nel corso dell’offensiva di Kasserine, esauritasi la quale protegge la ritirata delle truppe dell’Asse, sempre in retroguardia a contatto del nemico, fino alla ridotta di Capo Bon ove, fedele al motto “Lodi s’immola”, combatte finché il Comando italiano non gli impone la consegna delle armi.
Con la terza Medaglia d’Argento, Lodi guadagna “l’ammirazione e la riconoscenza della Patria” (Bollettino del 13 maggio 1943).
Nel 1952 risorge a Montorio Veronese come squadrone e, inquadrato nella ritrovata “Centauro” in quel di Novara, ne diventa il Gruppo Esplorante.
Trasferitosi nella Guarnigione di Lenta nel 1964, da qui soccorre le popolazioni del vercellese travolte dall’alluvione del ’68, guadagnando una Medaglia di Bronzo al Merito civile.
Dopo aver contribuito nel 1982 con un considerevole numero di uomini alla formazione del Corpo di interposizione in Libano, Lodi vi giunge coi propri colori – prima Unità della Cavalleria italiana ad essere impiegata all’estero dalla fine della 2ª Guerra Mondiale – inviandovi in tutto 5 ufficiali, 16 sottufficiali e 138 cavalleggeri, suddivisi in tre plotoni dotati di autoblindo. Tale impegno si concluderà nel dicembre del 1983.
A seguito di trasformazioni organiche, passati alla Brigata “Brescia” prima (1986) ed alle dirette dipendenze del 3° Corpo d’Armata poi (1991), partecipa in Calabria (1992) ed in Sicilia (1994 -’95) allo sforzo dello Stato contro la malavita organizzata.
Si scioglie il 31 ottobre del 1995.
COLLOCAZIONE STORICA DELL’AB41

Il 15 febbraio 1942 è ricostituito il reggimento “ Cavalleggeri di Lodi” (15°), interamente blindo corazzato, presso la Scuola di Cavalleria di Pinerolo, con la denominazione di Raggruppamento Esplorante Corazzato (R.E.Co.) agli ordini del Colonnello Tommaso Lequio di Assaba, e composto di due gruppi: il I su uno squadrone autoblindo, due squadroni carri L, uno squadrone motociclisti; il II su uno squadrone semoventi da 47 mm., uno squadrone contraerei da 20. Completatosi di personale e materiale, il reggimento dopo alcune vicissitudini per le quali sembra debba partire per il fronte russo, poi alla eventuale occupazione della riviera mediterranea francese, finalmente è destinato in Africa Settentrionale. I mezzi del reggimento vengono quindi inviati ai porti di imbarco, ed in un primo tempo giungono in Africa solo quelli dello squadrone carri, che sbarcati a Bendasi sono raggiunti in volo dal personale. Lo squadrone è avviato subito alla sua destinazione nell’oasi di Giofra. Tutti gli altri convogli marittimi sono attaccati durante la traversata del Mediterraneo Centrale e subiscono ritardi e intralci. Il personale tra il 20-25 novembre, è inviato per via aerea in Tripolitania, ma anche i trasporti aerei sono attaccati dai caccia americani e sono decimati. Il Tenente Malingri di Bagnolo, abbattuto con l’aereo in mare il 22 novembre, assieme ad alcuni cavalleggeri, è il primo caduto. Il 2° squadrone motociclisti i cui aerei abbattuti sul litorale tunisino, si distingue per sprezzo del pericolo e spirito di abnegazione, riuscendo a salvare da sicura morte numerosi feriti e a recuperare tutte le armi e gran parte dell’equipaggiamento. A seguito della perdita dei carri, l’organico è in parte modificato, sostituendoli con autoblindo.
Al reggimento “Lodi” è affidato il settore di Gabes, con distaccamenti a Medenine e a Fountatuine sulle provenienze del Sahara, fino a Kebili, dove passano le comunicazioni cha da ovest attraversano la regione degli Chott. Nella zona di Gabes gli elementi di “Lodi” (comando R.E.Co., 1° squadrone motociclisti, squadrone autoblindo, squadrone contraerei) impiegati nella difesa di quel settore, nella situazione particolarmente fluida esistente, conducono l’azione esplorativa nella zona a sud e a nord dello Chot Fedjada, nonché sulle strade fra Gabes e Sfax, fortemente minacciate dalle puntate avversarie. Successivamente “Lodi” concorre all’occupazione preventiva di Akdref-Achicgina-El Hafay, al fine di prevenire la sempre crescente minaccia su Gabes.

Il I gruppo squadroni, agli ordini del maggiore Bocchini, dalle località di Fountatuine e di Medenine provvede alla occupazione della stretta di Ksar El Hallanf, alle esplorazioni della fascia montana del Rsour e spinge pattuglie fino a Kebili, dove il giorno 18 dicembre cade alla testa del suo plotone il tenente Fontana del 2° squadrone motociclisti. Il 19 dicembre una colonna composta da due squadroni mitraglieri, da un plotone carri L6/40, un plotone autoblindo, due plotoni da 20 mm. c.a., occupa Kebili che è precipitosamente abbandonata dai meharisti algerini; in seguito l’occupazione arriva fino a Douz mettendo sotto il nostro controllo tutto il territorio del Caidato del Nefzouna. Raggiunge infine Kebili anche il 2° squadrone motociclisti. A Kebili, nel periodo dicembre 1942 – gennaio 1943, questi reparti di “Lodi”, lontanissimi dalla loro base 150 chilometri, in un paese completamente ostile, hanno il duro compito di effettuare l’esplorazione di tutta la zona dei grandi Chotts, attraverso terreni difficili, spesso impraticabili, completando un minuzioso servizio di informazioni, così da dare ai nostri comandi la precisa situazione della consistenza e atteggiamenti delle forze nemiche. Essendosi intensificate nella zona le attività dei reparti leggeri fronco-inglesi, radunati nel territorio dell’Oudi Sauf (Algeria), è iniziata dagli squadroni dislocati a Kebili una serrata lotta contro di loro. Così con diverse puntate offensive culminate con i brillanti combattimenti di O Mellah il 28 gennaio e di El Mamidania il 29 gennaio, sono stroncati, dal 2° squadrone motociclisti e dai plotoni autoblindo, i tentavi fatti dall’avversario per interrompere le comunicazioni con la base di Gabes e per disturbare i presidi distaccati a Douz e Fatnassa.
Alla fine di gennaio 1943 gli elementi del “Lodi” del settore di Gabes (comando R.E.Co., 1° squadrone motociclisti, ½ squadrone autoblindo, ½ squadrone contraerei) passano alle dipendenze della “L” Brigata Speciale comandata dal Generale Imperiali di Afflitto (già comandante dei “Lanceri di Aosta”), si trasferiscono più a nord nella zona di Triaga – Foucomerie. Gli elementi del 1° gruppo rimasti nel territorio de Kebili, passano alle dipendenze della Divisione Corazzata “Centauro” comandata dal Generale Giorgio Calvi di Bergolo (il 49° comandante di “Nizza Cavalleria”).
Ma “Lodi”, dopo cinque mesi di campagna ha perduto il 60% dei mezzi e il 50% del personale. Il comando della 1ª Armata decide quindi di riunire in “Lodi” tutti i reparti corazzati e così, finalmente, il 21 Aprile i superstiti del I° gruppo, che dal principio della campagna sono stati lontano dal reggimento, rientrano nelle sue file. Il reggimento si riordina, non solo con il ritorno del I° gruppo, ma anche con l’immissione dei gruppi corazzati “Nizza” e “Monferrato”, di una batteria di semoventi da 75/18 e di una batteria da 65/17 su camionette. Il Reggimento, riunito e rinforzato, è impiegato a sbarrare le provenienze da Hamman – Lif,Gronbalia sulla strada di Tunisi e ad effettuare azioni ritardatrici, provvedendo a coprire il tergo dell’armata. Esso assolve brillantemente il suo compito, malgrado la forte pressione delle truppe della 1ª Armata inglese operante a nord del nostro schieramento.
Il pomeriggio dell’11 maggio combatte valorosamente a nord-ovest di Bou Fichia , effettuando tutte le previste interruzioni stradali e ripiega sotto la spinta sempre più irresistibile delle forze nemiche, fino a schierarsi sul lato nord del ridotto entro il quale è chiusa la nostra 1ª Armata. Il motto “Lodi s’immola” non è mai tanto attuale nella storia del reggimento quanto in quegli ultimi giorni della campagna tunisina, allorché alla 1ª Armata italiana, tagliata fuori dalla madre patria, praticamente isolata, dopo lunghi mesi di accanita lotta contro un nemico in possesso del pieno dominio aereo e di una incredibile superiorità in terra, non rimane altra meta che quella di resistere fino al sacrificio. Allora i “Cavalleggeri di Lodi” si prodigano in una resistenza disperata e si sacrificano eroicamente, meritando l’ammirazione e la gratitudine della Patria, come dice testualmente l’ultimo bollettino di guerra di quella campagna, il 13 maggio 1943.
La motivazione della medaglia d’argento al valor militare, concessa allo Stendardo, meglio di ogni altra cosa sintetizza il valido contributo dei “Cavalleggeri di Lodi” :
nel corso di una lunga e durissima campagna in territorio di oltre mare si batteva con indomito ardimento contro il nemico soverchiante per numero e potenza di mezzi. In temerarie puntate esplorative, come in eroiche azioni di retroguardia, nell’attacco come nella difesa sempre presente ove più infuriava la lotta, dava nobile contributo di valore e di sangue. Sull’autoblindo, sul motociclo, sul carro armato leggero, i superbi reparti meccanizzati sapevano essere degni eredi degli squadroni a cavallo del vecchio reggimento, emulandoli nel valore e nel sacrificio e tenendo fede al motto “Lodi s’immola” . Gabes, Kebili, El Ayacha, Faid,Sbikka, Enfidaville (Tunisia), 20 novembre 1942 – 12 maggio 1943.
Il 13 maggio 1943 gli italiani danno il definitivo addio all’Africa, ma, come abbiamo visto, l’hanno dato a testa alta.

CARATTERISTICHE TECNICHE DELL’AUTOBLINDO AB41

Nome: Autoblindo 41
Equipaggio: 4 uomini
Peso: (in ordine di combattimento) 7.500 kg
Motore: SPA Abm 2 a 6 cilindri in linea, a benzina, raffreddato ad acqua, da 88 hp
Dimensioni:
– Lunghezza totale 5,2 mt
– Larghezza 1,92 mt
– Altezza 2,48 mt
Prestazioni:
– Velocità massima fuori strada 38 km/h
– Velocità massima su strada 78 km/h

Cenni Storici

L’autoblindo 40 e l’autoblindo 41 ebbero origine dalla richiesta di un veicolo di elevate prestazioni per uso della polizia coloniale italiana in Africa. La cavalleria italiana, da parte sua, aveva richiesto circa nello stesso periodo, una nuova autoblindo. I due progetti vennero unificati allo scopo di utilizzare un unico veicolo che vide la luce nel 1939 con il motore posteriore e con una torretta anteriore (con una mitragliatrice). Nella parte posteriore dello scafo vi era un’altra mitragliatrice e il veicolo era a guida anteriore e posteriore. Da questo progetto derivò l’autoblindo 40 la cui produzione ebbe inizio intorno alla metà del 1940.
All’atto della prima ordinazione venne specificato che un piccolo numero di autoblindo 40 avrebbe dovuto avere un cannoncino da 20 mm in torretta, invece della prevista mitragliatrice da 8 mm. Ciò venne realizzato impiegando la torretta del carro leggero L.6/40 invece di quella originaria. Quando la versione, denominata autoblindo 41, vide la luce, risultò chiaro che la combinazione veicolo/arma era di gran lunga più efficace della versione armata di sole mitragliatrici e la successiva produzione venne perciò concentrata sull’autoblindo 41. Le autoblindo 40 prodotte furono dunque poche e di queste molte vennero poi trasformate in autoblindo 41.
Per il suo tempo l’autoblindo 41 fu un progetto avanzato e fornì buone prestazioni, infirmate soltanto da ricorrenti noie allo sterzo, mai completamente eliminate. L’armamento principale era il cannoncino contraerei trasformato Breda modello 35, coassialmente al quale venne montata una mitragliatrice Breda da 8 mm raffreddata ad aria, progettata specificatamente per l’impiego da veicoli corazzati. Un’altra di queste mitragliatrici era sistemata nella parte posteriore dello scafo. Un veicolo su quattro aveva, alla sommità della torretta, l’installazione per una mitragliatrice contraerei. Potevano essere montati pneumatici da strada normale o da sabbia ed esisteva un kit per trasformare il veicolo in mezzo capace di muovere su rotaie.
L’autoblindo 40 e l’autoblindo 41 furono molto impiegate dai reparti esploranti italiani nel deserto occidentale e in Tunisia. Alla fine del settembre 1942 vi erano in servizio 298 autoblindo 41 e altre erano impiegate dalla polizia coloniale.
Qualche attività di sviluppo migliorativo venne effettuata partendo dal progetto base, il che portò all’installazione della torretta (AB 43) di un cannone da 47 mm, mentre la variante tedesca a scafo scoperto disponeva di un cannone per carro tedesco da 50 mm. Nessuno dei due veicoli venne però messo in produzione. Vi fu anche una variante a scafo scoperto che venne prodotta in quantitativi limitati come veicolo comando ad osservatorio mobile per i reparti di artiglieria.

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