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22 Novembre 2007
Alarico – M. Colombelli
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La storia secondo la RAI – M. Colombelli

“Il gladiatore” pur nella ripetizione degli errori classici nelle armature romane, il cane lupo che accompagna Massimo che passa in rivista le truppe, Commodo che muore nell’arena e via dicendo, intendeva essere una storia di fantasia calata in una realtà storica. Il primo episodio della serie Imperium, “Augusto” presentava alcuni errori storici ed uniformologici (legionari con armature e scudi imperiali al servizio di Cesare, legioni mai esistite, ecc.) ma nel complesso rappresentava una interessante rilettura del personaggio inserito nel suo contesto storico. E spettacolare era la ricostruzione della città di Roma. Il Nerone presentatoci dalla RAI non ha invece nulla a che vedere con la realtà delle vicende storiche; una sceneggiatura che utilizza i personaggi e alcune vicende per riscrivere completamente la Storia. E senza che ci fosse alcun bisogno di revisionismo. Certo non possiamo pretendere che una fiction rappresenti i fatti come potrebbe fare un documentario (ma anche qui stenderei un triste velo pietoso su tanti presunti archeologi e sui loro programmi); mi sarei accontentato di una sana opera di divulgazione di massa, popolare, con magari una intelligente rivisitazione di quegli intrighi di corte, invece passati in secondo piano nella fiction, e così mirabilmente descritti dallo storico Svetonio nel suo “Vita dei Cesari”. Ed invece nulla di tutto ciò; quello che hanno fatto lo sceneggiatore e il regista è stato quello di ispirarsi liberamente, ma molto liberamente, alla vita e alle vicende dell’imperatore romano. Gia l’inizio non lasciava presagire nulla di buono quando la madre Agrippina, chiama il suo figlioletto di quattro anni con l’appellativo che gli sarà dato solo nove anni dopo, Nerone. Il suo vero nome era Lucio Domizio Enobarbo, nato nel 37 d.C. e adottato dall’imperatore Claudio (Tiberio Claudio Nerone Germanico) nel 50 d.C. (e solo da allora sarà Tiberio Claudio Nerone Domiziano Cesare). E, quindi, Lucio doveva essere chiamato.

Già, Claudio; diviene imperatore dopo l’uccisione da parte dei pretoriani del folle Caligola e, come vuole la leggenda, tirato fuori da sotto un letto dove era andato a nascondersi per paura e proclamato imperatore. Un imperatore con molti difetti e problemi fisici (basta leggersi la descrizione che ne fa il filosofo Seneca). All’incoronazione assistono i suoi due figli, nella fiction adolescenti; peccato che nel 41 d.C. Ottavia avesse solo un anno e Britannico fosse appena nato e avesse comunque ottenuto tale appellativo solo nel 44 a seguito del trionfo del padre al rientro dalla vittoriosa spedizione in Britannia. E altrettanto improbabile è la scena del calice di vino gettato sul viso di Nerone da un Britannico infuriato alla notizia del suicidio della sorella: peccato che Ottavia sia morta, probabilmente uccisa dallo stesso Nerone, nel 62 mentre Britannico era venuto a mancare nel 55, ben sette anni prima. E che dire della schiava Atte, trasformata in una bella contadinotta conosciuta in gioventù in un bucolico contesto agreste: peccato che la vera Atte, abitasse a Roma quando conobbe Nerone, che oltretutto era già sposato con Ottavia e che fosse una raffinata e colta liberta greca. E Poppea? Entra in scena durante un ricevimento e viene descritta da due senatori come una libertina e ammazza-mariti. La storia vera ci dice che Poppea Sabina fosse la moglie di Otone (che fu imperatore per quattro mesi nel 69, uno di quelli del periodo definito dei “quattro imperatori”), amico di Nerone ma che fu da lui inviato come governatore in Lusitania, per consentire all’imperatore di sposare liberamente la donna di cui si era follemente invaghito. E cosa ne è del Nerone amante dell’arte che si recò in Grecia per due anni per promuovere gare di ogni tipo, alle quali partecipò come poeta e auriga, lasciando al governo, a Roma, il liberto Elio. E le rivolte violente che portarono alla sua fine, scoppiate in Spagna nel 67/68, dove le truppe proclamarono imperatore il loro comandante, Servio Sulpicio Galba, in Africa, in Giudea e in Gallia? Nulla nel film, che dallo scoppio dell’incendio di Roma, ci porta velocemente alla fine di Nerone, suicidatosi, tagliandosi le vene (improbabile) sulle rive di un fiume o lago. Nella realtà, oramai alienatosi le simpatie anche del popolo, dopo quelle del senato, viene dichiarato da questo “nemico pubblico” e condannato a morire secondo l’uso romano: fustigazione fino alla morte. Ma Nerone si getta in una disperata ed inutile fuga, inseguito e raggiunto, e morirà aiutato dal fedele liberto Epafrodito, pugnalandosi. Le sue ceneri saranno raccolte dalle sue nutrici e dalla fedele Atte.

Cosa ci rimane di questa magnifica storia? L’amarezza che ci coglie ogni qual volta vediamo un prodotto confezionato nel tipico stile americano, dove verità storica, date, luoghi e personaggi non contano nulla e se la loro realtà da fastidio alla fluidità del racconto, la si distorce ad uso e consumo della storia (con la “s” minuscola). Peccato, un’occasione sprecata e soprattutto un prodotto diseducativo, che presenta una Storia (con la “s” maiuscola) diversa da quella che dovremmo imparare sui banchi di scuola.