Gli Italiani nella campagna napoleonica del 1812 – Sez.Storica Napoleonica
29 Ottobre 2007
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Giacinto Lonati – Sez.Storica Napoleonica

Nacque in Milano (27 ottobre 1772) e trascorse oscuramente gli anni della sua gioventù, sino a che, arruolatosi nella Legione Campana, veniva in breve promosso sergente, e si distingueva (5 febbraio 1799) nella presa del forte di S. Elmo all’entrare che fecero in Napoli le truppe di Championnet.Nel 21 marzo successivo egli crebbe a tenente nel 1° reggimento dei cacciatori a cavallo della repubblica napoletana, indi mosse verso le Calabrie, incorporato nelle truppe cui era affidato l’incarico di sedare i moti d’insurrezione scoppiati in quelle contrade, e le quali erano comandate prima da Duhesme, indi dal generale Olivier (di Strasburgo).

I ribelli furono dovunque battuti, ma alla notizia dei primi progressi di Suwarow, nella Lombardia, Macdonald, allora duce supremo dell’esercito che stanziava nel regno di Napoli, richiamò a sé le colonne ingolfatesi nelle Calabrie per muovere con tutto il suo corpo riunito in soccorso di Moreau. Il generale Olivier essendosi molto distinto nelle fazioni di quella memorabile giornata, Lonati certamente ebbe a spiegarvi molto valore nelle vive cariche di cavalleria che accaddero contro gli Austro-Russi, i quali infine strapparono ai Francesi la tanto combattuta vittoria.

Dopo quella rotta e quella di Novi che accadde alcuni mesi dopo, il tenente Lonati seguì le truppe che ricoverarono in Francia, indi nel ritorno che fecero in Italia i rimasugli di quelle schiere ricondotte da Lechi volgendo il maggio del successivo anno (1800) egli venne aggregato allo stato maggiore del generale Pino, sotto il quale prese parte nella guerra contro i Napoletani (1801) sempre annesso allo stato maggiore di quel duce, del quale fu più tardi aiutante di campo, e che seguì pure sulle coste dell’Oceano in Francia volgendo il 1803. Il 15 ottobre del susseguente anno (1804) egli crebbe a capitano, indi trascorse collo stesso suo grado nei Dragoni Napoleone (19 marzo 1806), ed è in questo reggimento, del quale ogni soldato meriterebbe una pagina nella storia, che egli ebbe a distinguersi, da prima nel regno di Napoli sotto Massena, indi in Prussica, poscia nella Pomerania (1807) e più tardi tra le rocce della Catalogna che rosseggiano del sangue di tanti italiani, barbaramente sacrificati dalla presunzione francese e dalla insensata ispana ferocia; converrebbe descrivere tutti i fatti d’arme nei quali i dragoni e Lonati ebbero a distinguersi, converrebbe descrivere le giornaliere ed accanite lotte che accadevano tanto colle truppe, quanto colle popolazioni armate in massa e costituite in colonne volanti, non di rado capitanate da monaci.

Per citare fra i tanti uno dei fatti gloriosi nei quali di distinsero, più ancora dell’usato, il capitano Lonati e tutti i dragoni del terzo squadrone, citeremo la battaglia di Vique, vinta dal generale Souham contro l’instancabile O’Donell il giorno 20 febbraio 1810. Tutto da prima prometteva vittoria allo spagnolo; il numero, il valore, la sorpresa. Eran forse quattordicimila Spagnoli che assalivano nel loro campo un cinquemila tra Francesi ed Italiani. Il loro duce in persona precedeva quelle masse con molti fanti e con tutti i cavalli; seguivano le altre schiere tacite, ma celeri, per sostenere quei primi attacchi diretti contro la destra dei francesi colla mira di costringerli a sguarnire il centro, e la sinistra per soccorrere quell’angolo estremo della loro linea, e quindi rinserrarli nella città, obbligandoli ad arrendersi. L’ardore era sommo negli Spagnoli, somma la bravura, ma difettavano di scienza, difettavano di accordo; Rovina pel primo, mosso da intempestiva impazienza di assalire, diede, con quell’improvviso attacco, avviso inopportuno a Souham, che ebbe tempo così di predisporsi alle difese. Lasciati quindi due soli battaglioni onde preservare la città, egli muoveva risoluto dal lato opposto con tre reggimenti francesi, uno leggiero e due di grave armatura, all’incontro dei nemici. Seguivanlo i dragoni, rinforzati dai dragoni Napoleone; questi ultimi non oltrepassavano i 200, ma annoveravano fra i loro combattenti i più prodi ufficiali ed i più valorosi soldati di tutto il reggimento.

La cavalleria nemica intanto tentava avviluppare la sinistra di Souham, già ferocemente impegnata contro i reggimenti svizzeri che combattevano agli stipendi spagnoli, e riconosciuti fra tutti i mercenari quelli che si battono con maggiore perseveranza; combattono, è vero, per chi meglio paga, ma una volta assunta, qualunque sia per essere, la difesa di una bandiera, vi persistono a costo del sangue, a costo della vita.

La cavalleria spagnola quindi aveva il vantaggio di combattere schiere di fanti già altrimenti occupati nella mischia, per cui tenevansi sicuri della vittoria; ma non appena accingevansi a muovere alla carica, che la compagnia scelta dei dragoni Napoleone, precedendo il 24° dei dragoni francesi, e sostenuti dalla poca artiglieria disponibile, inseguendola sino tra le schiere della loro destra, compromessa da quel retrogrado movimento dei fuggenti cavalli; il terrore manifestatosi in quell’ala si propagò su tutta la linea, la quale da quel momento illanguidì nelle fazioni che dovevano accadere a sostegno di quella mossa, mediante la quale gli Spagnoli preludevano al generale attacco.

Vedendo O’Donell quei primi germi di una imminente sconfitta, aveva chiamate le riserve per slanciarle sul centro francese, che resisteva da ben due ore ai furiosi attacchi delle numerose schiere spagnole; ma questo tentativo del duce supremo per strappare la vittoria divenne infruttuoso, attesochè la destra che era ritornata all’assalto, incontrava un ostacolo cui non le fu dato di potere sormontare. Si affacciarono di nuovo alle sue colonne i dragoni Napoleone, i quali, piombando da prima sugli Svizzeri, ne facevano ampio macello, meno di quei pochi che abbassarono le armi (foto a destra: “figurino autocostruito e dipinto da Claudio Sanchioli”).

Il generale francese intanto, approfittando di quel primo successo, aveva ripresa l’offensiva su tutta la linea, e questa audace risoluzione concorse a gettare negli Spagnoli da prima molta oscillazione, indi grave scompiglio, scompiglio che in breve s’accrebbe al segno da far gettare ad essi le armi, fuggendo precipitosamente per inselvarsi nei nascondigli dei monti adiacenti, e sottrarsi così al vivo incalzo degli impetuosi dragoni, in poter dei quali caddero le nemiche artiglierie, molti carriaggi e gran numero di prigionieri.

In ricompensa delle sue prodezze in quella battaglia, Lonati non tardò ad essere decorato della legion d’onore, proposto a quella nomina sullo stesso campo di battaglia nel quale se l’era meritata; la conferma portava la data del 10 marzo, che è quanto dire quindici giorni dopo quella segnalata vittoria, che gli valse in seguito molte altre promozioni, oltre l’onore di essere incorporato nelle schiere della Guardia reale (2 gennaio 1812). Nel successivo anno fu traslocato in uno dei reggimenti di cacciatori a cavallo e crebbe a capo-squadrone (1 luglio 1813), e nel successivo 1814 (27 aprile) divenne maggiore. Egli aveva fatta la campagna di Russia, nella quale fatalmente la cavalleria in particolare non poté distinguersi, giacché la mancanza di pascolo e di foraggi, e soprattutto il freddo, annientò quell’arma, con tanto studio, tanta scienza e tanta perseveranza istruita, ed istruita al segno da contendere la palma ai più bravi reggimenti di cavalleria che l’esercito francese annoverasse.
D’allora in poi le pagine della storia si chiusero per Lonati e per tanti altri; per molti non si chiuse l’adito alle promozioni, ma variarono i titoli per conseguirle. Lonati venne accettato al servigio austriaco allo scioglimento dell’armata italiana, e crebbe al grado di tenente-colonnello; carico d’acciacchi, frutto delle fatiche sostenute nelle trascorse campagne, fu quindi a poco posto in pensione, che godette per poco tempo, avendo cessato di vivere in seno alla propria famiglia il 25 maggio 1825.
Lonati deve essere stato altrettanto ottimo padre, quanto intrepido guerriero; e ne abbiamo non dubbia prova nelle sollecitudini del superstite figlio per fornirci i necessari documenti per tessere la biografia del padre suo. Sarebbe questo il dovere di ogni buon figlio; ma se gli uomini indistintamente compissero colla dovuta esattezza i doveri che ad essi incombono in società, questa progredirebbe al certo meno deturpata dai vizi e più fregiata di virtù.