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Jus Primae Noctis – Bruno Normanno

Chi non ha visto Braveheart, il colossal hollywoodiano di Mel Gibson, pluridecorato di Oscar? La vicenda narra – è appena il caso di ricordarlo – i primi tempi della conquista del Regno di Scozia da parte degli Inglesi e la conseguente lotta di liberazione portata avanti da un popolano, detto appunto “Cuore impavido”. Secondo l’autore del copione la scintilla che avrebbe innescato la rivolta sarebbe stata il ripristino dello jus primae noctis da parte dei signori inglesi nei confronti dei loro sudditi scozzesi che convolavano a nozze. Mettere le mani sulle donne dei sottoposti è sempre stato pericoloso, dai tempi del re biblico Davide, che si impossessò di Betsabea dopo aver mandato il marito a morire in guerra, e fu punito da Dio per questo, passando per Tarquinio il Superbo che perse il regno proprio a causa di un simile vizietto. Siamo nel campo del luogo comune letterario e di questo appunto si tratta: nella realtà infatti non è mai esistito uno jus primae noctis.

Un’invenzione letteraria
I sentimenti della folta schiera di coloro che amano un Medioevo a tinte fosche, fatto di pulsioni elementari e sanguigne, resteranno sicuramente delusi, ma è opportuno ripetere a chiare lettere il concetto: lo jus primae noctis non è mai esistito, è un’invenzione letteraria nata nei secoli di passaggio tra il Medioevo e l’Età Moderna. Possediamo e conosciamo bene la legislazione dei cosiddetti Regni romano-barbarici, e di esso non vi è traccia; gli storici e gli antropologi hanno rivoltato ogni virgola della legislazione longobarda, e non hanno trovato niente che assomigli allo jus primae noctis. Lo stesso dicasi per la legislazione carolingia e dei regni successivi, per non parlare di quella del Sacro Romano Impero e dei Comuni: niente di niente, neanche un accenno. E allora, come è possibile che una simile panzana sia nata e goda tuttora di così tanta fortuna?

Balzelli sul matrimonio
Senz’altro un ruolo importante nel processo di consolidamento del mito lo hanno giocato gli oscuri e morbosi pruriti che suscita l’idea stessa di un tale perverso “diritto”. Bisogna dire poi che furono per primi i giuristi del Medioevo morente a fantasticare di un simile diritto, che sarebbe esistito in un passato lontano anche dalla loro epoca. Essi furono tratti in inganno dalla sopravvivenza di alcuni tributi che venivano pagati dai villani ai signori al momento del matrimonio; essi interpretarono il tutto come il riscatto di un antico diritto reale del signore sugli sponsali, che sarebbe stato compensato appunto dal pagamento in denaro. Si trattava in realtà del maritagium o forismaritagium, tassa che il padre della sposa doveva corrispondere al signore per ottenere il permesso di darle una dote. All’epoca della cosiddetta “economia curtense” questa non poteva essere che ritagliata tra le pieghe delle concessioni signorili (terre, poderi), per cui il tributo assumeva i connotati di un indennizzo al padrone per qualcosa di suo che mutava concessionario. Ecco il motivo per cui l’importo della tassa variava in relazione all’ammontare della dote; ed ecco sempre il motivo per cui anche le vedove che si risposavano dovevano di nuovo corrispondere il maritagium. Balzello sul matrimonio dunque, ma gravante sulla dote, non sulla persona.
Un altro elemento che contribuì ad alimentare il mito fu la tassa che i coniugi, in certe aree geografiche del continente, dovevano pagare alla Chiesa per poter consumare il matrimonio la prima notte di nozze, invece di passarla castamente sulla scorta dell’esempio biblico di Tobia. Anticamente gli sposi dall’indole particolarmente religiosa, al termine della cerimonia laica, usavano farsi dare una benedizione speciale dal sacerdote e, per rispetto a essa, la prima notte si astenevano dai rapporti sessuali; col tempo, la Chiesa aveva trasformato questa semplice usanza in un vero e proprio precetto, per evitare il quale bisognava corrispondere una certa quantità di denaro.

Il prezzo del riscatto
Ma tutto questo naturalmente non sarebbe bastato da solo a creare la leggenda dello jus primae noctis. Uno studio recente ricostruisce con dovizia di particolari le tappe dello sviluppo di tale mito: esso individua nel 1526 il suo anno di nascita e nell’erudito scozzese Hector Boethius il creatore. Boethius scrisse una Storia della Scozia in latino a partire dall’epoca celtica e a un certo punto, parlando delle lodevoli riforme effettuate dal re Malcolm III Canmore, vissuto nell’XI secolo, introdusse il passo seguente: «… fu abrogata una usanza pessima e vergognosa instaurata dal tiranno Evenus che consisteva, per i signori dotati di potere, di godere la primizia della verginità di tutte le spose del loro territorio. Da allora lo sposo poteva riscattare quella notte versando al signore mezza marca d’argento; essi sono ancora oggi tenuti a versare questa somma, che è chiamata comunemente “merchet della donna”» (nelle Isole Britanniche il maritagium prende il nome di merchet). Come si vede, non si tratta che del nostro buon vecchio maritagium ammantato di una spiegazione piccante.
Una volta fissato per iscritto, il mito attecchì con straordinaria fortuna, sostenuto da quel riferimento concreto all’antica tassa sul matrimonio che ancora, nell’Europa del XVI secolo, veniva riscossa in diverse aree geografiche (Francia, Inghilterra e Olanda soprattutto). E la storiella del mai esistito tiranno Evenus fu presa per buona dalla congrega internazionale degli eruditi senza che nessuno si prendesse la briga di controllare su quale base documentaria si fondasse: da allora Boethius e il suo favoloso tiranno a luci rosse vennero costantemente citati da coloro che si attardavano volentieri a descrivere le lacrimevoli condizioni di un Medioevo “feudale” nel quale non era libera, sacra e inviolabile neanche l’attività sessuale all’interno del matrimonio. Potenza del luogo comune!