LA GUARDIA SEDENTARIA DI VENEZIA – di LUIGI DI NOIA – pubblicato da G. Centanni

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LA GUARDIA SEDENTARIA DI VENEZIA – di LUIGI DI NOIA – pubblicato da G. Centanni

LA GUARDIA SEDENTARIA DI VENEZIA – di LUIGI DI NOIA – pubblicato da Giulio Centanni

Durante la breve parentesi del Regno d’Italia napoleonico (1805-1814), il controllo del territorio venne demandato alla Guardia Nazionale, arruolata localmente nei diversi dipartimenti. La particolarità della città di Venezia spinse però lo stesso Napoleone Bonaparte alla creazione di un corpo militare speciale da impiegarsi esclusivamente entro il perimetro lagunare. La natura del terreno, il suo clima e la necessità di presidiare il gran numero di forti lagunari avrebbero richiesto troppe risorse e personale alle truppe regolari già impegnate sui fronti di mezza Europa. Lo stesso imperatore si era accertato che le truppe francesi stessero “sur les montagnes”, ben distanti da località insalubri come l’area lagunare o il delta del Po (nota1). Con il decreto del 27 gennaio 1808 si instituiva così il Battaglione di Guardia Sedentaria della città di Venezia, composto da una compagnia di cannonieri e da otto compagnie di fucilieri.


Venezia: Rassegna della marineria a Napoleone 29 novembre 1808.

Oltre al controllo dei forti lagunari e della linea costiera, alla Guardia erano demandati anche compiti di ordine pubblico. Ma proprio a causa della sua provenienza territoriale, si cercò di limitare l’impiego repressivo di questo corpo nei confronti della popolazione e del suo crescente sentimento anti-francese. Un impiego militare più impegnativo si ebbe solo nel 1813, quando l’avanzata degli austriaci costrinse il viceré Eugène de Beauharnais a ritirarsi sulla linea del Brenta, lasciando Venezia e altre piazzeforti sotto lo stato d’assedio nemico.


Moneta “ossidionale” da 1,6 Lire emessa a Venezia in occasione del blocco della città del 1813-1814.


Coni originali conservati nel Kunst Historisches Museum di Vienn

Ma in tale data la Guardia Sedentaria era in realtà già confluita nella Guardia della Città di Venezia, concludendo così la sua breve parentesi operativa.
In realtà, benché promossa nel 1810 da Battaglione a Reggimento, la Guardia Sedentaria non arrivò mai ad inquadrare più di 2000 uomini. Oltre alle limitate dimensioni, la breve storia di questa formazione è stata travagliata da molteplici difficoltà. Innanzitutto per le difficoltà di arruolamento. La popolazione veneziana, già obbligata a servire la leva militare per l’esercito regolare, visse con angoscia l’idea di dover prestare servizio anche per la Guardia Sedentaria. Le classi popolari misero così in campo tutta una serie di strategie per evitare l’arruolamento: il trasferimento in terraferma, l’appellarsi al proprio stato di “miserabilità”, perfino la diserzione. Mentre i più benestanti potevano più agevolmente pagare un supplente per prestare servizio al proprio posto (nota 2). Senza contare il fatto che intere categorie di lavoratori erano stati esentati dal servizio per motivi produttivi o sociali.
Altro insidioso problema fu l’acquartieramento, l’allestimento e l’approvvigionamento del nuovo corpo, tutte incombenze a carico della municipalità, mentre stipendi e armamento erano a carico del Ministero della Guerra (nota 3). Le disastrate casse comunali si ritrovarono ben presto in serie difficoltà non solo per l’anticipo delle paghe, ma anche nel garantire le forniture minime per le caserme. Da quanto emerge dalle parole di un medico del battaglione, le postazioni della costa erano prive di battenti e porte e “per sino di quelle cose che non ad Uomo, ma a Bestia si rendono necessarie” (nota 4). Nell’ospedale si giaceva sul terreno e senza lenzuola e anche il rancio non doveva essere del tutto adeguato se si dovette ricorrere a razioni aggiuntive di aceto e di vino per contrastare l’”insalubrità dell’aria delle Lagune”.
Difficoltà simili si presentarono anche per il vestiario. Alla limitazione dei fondi destinati all’acquisto dei vari capi di abbigliamento si sommarono anche la mancanza di materie prime e la diffidenza dei fornitori, preoccupati per la puntualità dei pagamenti.

Così, a distanza di un anno dalla costituzione del Battaglione, a circa la metà degli effettivi mancavano ancora i cappotti. “E se tutti gli uomini erano forniti di camicia, stivaletti di cuoio e di tela, un terzo era ancora privo delle scarpe in dotazione e tutti delle calze. Forniti di guaine per i fucili e le sciabole e di giberne, a un terzo delle guardie mancavano ancora gli zaini, quasi a tutti gli effetti per l’igiene personale e certi distintivi per le divise” (nota 5).
Le divise della Guardia Sedentaria dovevano essere in linea con le uniformi delle guardie nazionali del resto del Regno d’Italia. Una giacca in verde scuro andava a sovrapporsi a panciotto e calzoni bianchi, mentre per copricapo era previsto in un primo periodo il bicorno, poi sostituito da uno shakot che recava sulla placca le lettere “G.D.V.” (nota 6). Purtroppo non sembrano essere giunte fino a noi delle raffigurazioni dell’epoca di queste uniformi. Così come non si conoscono esemplari di questa divisa, o parti di essa, sopravvissuti all’oblio del tempo. Tutto questo non è così stupefacente. La parentesi di vita della Guardia Sedentaria di Venezia è stata così breve, e così poco incisiva anche in termini numerici, che è in fondo comprensibile che il suo lascito sia oggi così labile.
Ma proprio per questi motivi è stato ancor più grande lo stupore quando nelle nostre ricerche è emerso questo bottone. Per la presenza della corona ferrea e della perlinatura, ma anche per la qualità del metallo di cui è costituito, questo bottone è stato subito collegato alle divise del Regno d’Italia. Ma la mancanza di un qualsiasi riferimento nella letteratura esistente ci ha lasciato interdetti. Nessuno, nella preparatissima comunità di esperti e collezionisti di uniformologia napoleonica aveva mai visto un pezzo simile.

Fortunatamente però, dopo una prima fase di spaesamento, la sovrapposizione delle lettere GVS ci ha definitivamente confermato d’essere di fronte ad un bottone della Guardia Sedentaria di Venezia7. Si tratterebbe quindi dell’unico esemplare conosciuto, e questo ci riempie naturalmente di orgoglio. Certo, si tratta di poca cosa, in fondo di un piccolo ed umile bottone, ma averlo potuto strappare all’oblio del tempo è stata per noi comunque una grande soddisfazione! E chissà che non sia il primo passo verso nuove scoperte e riscoperte su questa pagina di storia.

Articolo redatto dal carissimo amico Luigi Di Noia che ha autorizzato la pubblicazione su questo sito.

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NOTE:
1 – A tal proposito Napoleone avrebbe dichiarato: “Dovete mettere di preferenza gli italiani in questi posti, vi sono acclimatati e vi prestano un servizio più adatto a loro”, P. Crociani, V. Ilari, C. Paoletti, Storia Militare del Regno Italico (1802-1814), Volume I, L’Esercito Italiano, Tomo I, Il contesto politico, l’amministrazione militare, lo Stato Maggiore, Stato Maggiore dell’Esercito- Ufficio Storico, 2004, p. 309
2 – A. Bernardello, Da Bonaparte a Radetzky. Cittadini in armi: la Guardia Nazionale a Venezia (1797-1849), Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, 2011.
3 – P. Crociani, V. Ilari, C. Paoletti, Storia Militare del Regno Italico (1802-1814), Volume I, L’Esercito Italiano, Tomo II, Armi e Corpi dell’Esercito, Stato Maggiore dell’Esercito- Ufficio Storico, 2004, p. 841.
4 – A. Bernardello, op. cit., p. 84.
5 – Ibid. p. 93.
6 – M. Brandani, P. Crociani, M. Fiorentino (a cura di), Uniformi militari italiane dell’Ottocento. Periodo napoleonico, Rivista militare, 1976.
7 – Vedi anche il sito https://www.alfamodel.eu/storia-ed-uniformologia/smartsection_items_379/