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Azincourt 25 ottobre 1415

La battaglia di Azincourt 25 ottobre 1415

La battaglia di Azincourt segna uno dei momenti più cupi della storia di Francia, ma anche uno dei più esaltanti per il Regno d’Inghilterra.
Enrico V, capo delle forze inglesi, salito al trono nel 1413 e figura esemplare del re medievale, si batteva per riprendere ciò che riteneva fosse suo per diritto di nascita: il Ducato di Normandia.
Dal momento che i francesi non potevano contare sulla presenza del loro Re, Carlo VI, che da molti anni soffriva di crisi di follia, le armate furono guidate dal Conestabile di Francia Charles d’Albert, in carica dal 1402, e da Jean le Maingre, meglio conosciuto come Boucicault, un soldato dalla fama internazionale. Ma la realtà dei fatti volle che, al momento dello scontro, l’esercito francese non fosse comandato da nessuno e fu questa la causa principale della loro sconfitta.
Il 24 ottobre 1415 l’esercito francese bloccò la strada per Calais, nei pressi di Agincourt-Tramencourt, costringendo così gli inglesi a trascorrere la notte a Maisoncelle. Lo scontro era ormai inevitabile. La sera del 24 ottobre, presso il campo inglese, riecheggiavano i rumori e le grida provenienti dall’accampamento francese, illuminato da grandi fuochi. Erano persino udibili le urla dei nobili sulla spartizione del bottino inglese che ritenevano di saccheggiare all’indomani e gioivano al pensiero del riscatto del Re d’Inghilterra.
Tutt’altro, invece, accadeva nell’accampamento inglese, dove il Re aveva vietato di accendere fuochi e i soldati dormivano all’aperto, sulla terra umida e sotto una pioggia glaciale. Da tre giorni si nutrivano solamente di nocchie e carne di capra, non avendo altri viveri. Gli arcieri non avevano altro da bere che dell’acqua, molti di loro erano addirittura senza scarpe. La notte trascorse lentamente. Pochi riuscirono a dormire; alcuni si confessarono ai cappellani militari, altri ancora fecero testamento, mentre gli arcieri mettevano corde nuove alle loro balestre.
La mattina del venerdì 25 ottobre 1415, giorno di San Crispino e Crispiniano, c’era una fitta nebbia. Enrico V, in piedi dall’alba, ascoltò tre messe nella cappella di Maisoncelles e, dopo la benedizione, si spostò armato di tutto punto con i suoi nobili per assumere le posizioni sul campo per l’imminente battaglia. Dal canto suo, il Conestabile non era stato a guardare i preparativi degli inglesi e aveva, di prima mattina, rettificate le diposizioni prese, forse in troppa fretta, la sera prima.
Le forze in campo erano in numero superiore da parte dei francesi, ma la posizione scelta dal Conestabile sul terreno di battaglia costringeva i cavalieri a stare molto vicini tra loro, tanto che era quasi impossibile sguainare la spada. Il loro armamento era pesante, costituito da gambali d’acciaio e armatura completa, oltre al mantello e all’elmo, e impacciava nei movimenti.
La Battaglia
Alle undici iniziò lo scontro. Gettando in aria il palo che aveva in mano, Enrico V si rivolse al vecchio Sir Thomas Erpingham, capo degli arcieri inglesi, con l’ordine: “Scagliate ora!”. Con urla di incitamento, gli arcieri si inginocchiarono a terra e investirono di frecce i battaglioni francesi. Nel frattempo, fu ordinato di piantare nel terreno lunghi pali appuntiti, facili fa conficcare nel fango. I francesi reagirono e caricarono verso l’esercito inglese, ma i cavalli restarono intrappolati nel terreno arato, bloccati fino alle ginocchia e imbizzarriti. Molti cavalieri furono disarcionati e caddero gli uni sugli altri. Tanti nobili persero la vita nella prima carica, e tra questi il Conestabile di Francia, Charles d’Albert. La battaglia terminò verso le quattro del pomeriggio, sul campo di Azincourt. Le cronache dell’epoca riportano che le perdite francesi furono più di 10.000, tra cui 8.000 nobili. I pochi sopravvissuti furono fatti prigionieri dagli inglesi; tra di loro c’erano il Duca d’Orleans e il Maresciallo Boucicault. I francesi, in questa epica battaglia, peccarono di presunzione, contando sul loro forte numero di uomini e sul fatto che l’esercito inglese fosse allo stremo delle forze. Nessun disastro più grande era mai stato inflitto alla Francia, l’effetto di questa sconfitta fu immenso e di profonda ripercussione su tutto il reame. Enrico V si mise in marcia verso Calais, dopo aver cremato i corpi del Duca di York, suo zio, e del Conte di Suflok, per poter trasportare i loro corpi in Inghilterra.

Nelle foto, diverse scenette da me realizzate sulla battaglia di Azincourt.
I due campi prima della battaglia.


Il campo inglese con Enrico V al centro dello schieramento, che indossa il suo elmo e scruta le linee dei francesi; alla sua sinistra, il portastendardo reale, Sir John Codrington, e, ultimo dello schieramento verso sinistra, il Duca di York, zio del Re, caduto sul campo di battaglia. Alla destra del Re, Sir Thomas Strickland con la bandiera di San Georges; all’estrema destra della scenetta, Sir Thomas Erpingham, che Enrico V mise al comando degli arcieri inglesi. I pezzi sono stati interamente dipinti a olio, che credo sia lo strumento migliore per chi dipinge araldiche, perché ci permette di intervenire subito su eventuali correzioni. Le bandiere sono autocostruite, così come le gualdrappe dei due cavalli sullo sfondo.

 


Il campo francese vede in prima linea alcuni dei personaggi più importanti: il Conestabile di Francia, Charles d’Albert, che trovò la morte nella prima carica dei francesi, con lo sguardo dubbioso sul piano che sta esponendo Charles Duc d’Orleans, quest’ultimo fatto prigioniero alla fine della battaglia (rimase venticinque anni prigioniero degli inglesi); al loro fianco, il Maresciallo Jean le Maingre. La figura a cavallo è il porta Orifiamma Guillaume de Martel. L’Orifiamma, bandiera sacra che simboleggiava il combattimento all’ultimo sangue, era conservata nell’abazia di Saint Denis, nei pressi di Parigi, ed era lo stendardo dei Re di Francia. Guillaume de Martel cadde in battaglia difendendola fino alla morte, ma l’insegna andò perduta nella mischia.
La scena della mischia di Azincourt rappresenta la drammaticità di quei momenti, il caos della battaglia.

 

 

Infine, una piccola scena a quattro soggetti dove in primo piano abbiamo proprio la cattura dell’Orifiamma.

Massimo Ruggeri