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Il bombardiere XB-70 di Vittorio De Santis

Nel 1954 il generale Curtis E. Le May, comandante dello Stategic Air Command (SAC) dell’USAF,decise di rivedere il materiale di cui disponeva il suo comando. Dichiarò che i due principali velivoli di cui disponeva allora, il bombardiere supersonico Convair B-58 e il subsonico Boeing B-52, non si erano dimostrati all’altezza del loro compito, oltre ad essere presenti in un numero limitato. Era quindi necessario sviluppare un nuovo sistema di armamento affinché il SAC potesse mantenere la sua posizione predominante, quale spina dorsale della potenza nucleare statunitense. Si iniziò quindi nel 1955 a lavorare su tre sistemi d’arma per l’epoca avanzatissimi.

Il primo di questi, denominato Weapon System 107A, era indirizzato alla realizzazione di un missile balistico intercontinentale. Un secondo progetto era denominato Weapon System 110A (WS 110A). Dal WS 110A doveva nascere un bombardiere che fosse in grado di coniugare la velocità supersonica con un raggio di azione intercontinentale. Fu questo il progetto che poi diede origine all’XB-70 A. Infine si sarebbe dovuto realizzare il Weapon System 125A. Con quest’ultimo progetto si doveva realizzare un velivolo a propulsione nucleare subsonico capace di rimanere in volo per settimane. Di questi tre progetti quello che poteva venir realizzato più velocemente era il WS 110A. Furono sei le industrie che presentarono una loro prima proposta. Vennero selezionate le proposte della Boeing e quella della North American. Con queste due ditte L’USAF stipulò un contratto per la prima fase che comprendeva il progetto del velivolo. Le specifiche dell’USAF prevedevano un raggio di azione, senza bisogno di rifornimento, di oltre 10.920 km ed uno spunto supersonico sull’obiettivo di 1621 km/h.

Il principale problema con il quale si dovettero confrontare le due ditte fu quello costituito dalla elevata resistenza che si generava nel volo supersonico. Conseguentemente il raggio di azione del velivolo diminuiva drasticamente. Per sopperire a questo problema vennero adottati tutti i rimedi tecnologici allora conosciuti quali: la regola delle aree, l’impiego di motori dotati di post-bruciatore ed una, inusuale, configurazione del velivolo di tipo canard. La prima proposta della North American era rappresentata da un grande velivolo con ala posteriore a delta. Alle estremità delle ali potevano essere montati dei serbatoi supplementari grandi quanto un bombardiere B-47 Statojet. Il carburante contenuto in questi serbatoi sarebbe stato utilizzato per la prima parte della missione, l’avvicinamento al bersaglio. Poco prima dell’attacco sarebbero stati sganciati permettendo così al bombardiere di raggiungere in questa fase una velocità di Mach 2.3. Per il rientro sarebbe stato utilizzato il carburante contenuto nei serbatoi interni. Questa configurazione aveva però uno svantaggio: il peso al decollo del futuro velivolo sarebbe stato di 362.880 kg mentre quello all’atterraggio avrebbe raggiunto i 99.792 kg.

Nonostante questo al generale Le May piacque l’idea della “formazione a tre”, bombardiere con i due serbatoi, che il velivolo prefigurava e quindi la North American poté continuare il suo lavoro di progettazione. Venne presa in considerazione anche l’utilizzo di uno speciale carburante “compresso”, l’Ethyl Borane, che offriva una energia specifica superiore al normale cherosene. Con questo carburante inoltre il velivolo poteva raggiungere i Mach 3 e vedere aumentato del 10 % il suo raggio di azione, che comunque rimaneva sempre inferiore a quanto richiesto dall’USAF. In questo periodo però ci fu una svolta. La North American venne a conoscenza di uno studio condotto da due scienziati della NACA (National Advisory Commitee for Aeronautics), da cui nacque la più famosa e tuttora operante NASA, circa la possibilità di sfruttare la portanza di compressione. In pratica e da quanto ho capito, si sfruttava l’onda d’urto generata dal volo supersonico incanalandola sotto l’ala. Questa doveva però avere una configurazione particolare: le due estremità dovevano essere ripiegate verso il basso a mo’ di tunnel. Inoltre la fusoliera del velivolo doveva trovarsi completamente sopra l’ala per non interferire con il flusso d’aria sottostante.

La ditta sperimentò subito nella galleria del vento questa configurazione e vide che si poteva applicare al suo progetto. Infatti adottando questa innovazione si garantiva il 30 per cento della portanza totale. La vera e propria progettazione del velivolo cominciò solo nel luglio 1957 in quanto all’epoca la North American era ancora impegnata nel progetto del missile intercontinentale SM-64 Navajo. Nel dicembre 1957 si concluse la competizione e l’USAF scelse il progetto della North American.

Subito si iniziò il lavoro di ricerca sui motori, l’aerodinamica e la cellula. I problemi da risolvere erano imponenti dato che la ricerca si muoveva in un terreno sconosciuto. Intanto l’USAF aveva denominato il velivolo B- 70 Valkirie. Lo sviluppo iniziale comportò la realizzazione di cinque diversi disegni fino a giungere alla versione finale che venne definita NA-278. Il NA-278 era un velivolo realizzato attorno ad una grande ala a delta realizzata in acciaio inossidabile. L’angolo di freccia dell’ala era di 65 gradi. Su questa era “appoggiata” la parte terminale della fusoliera. Questa era anch’essa in acciaio mentre la parte anteriore, che si protendeva dall’ala, era in titanio. L’abitacolo era situato sulla parte anteriore della fusoliera e subito dietro erano poste le due alette canard mobili, anch’esse di costruzione mista acciaio-titanio. Sul bordo d’uscita dell’ala erano posti due timoni verticali mentre sotto si trovava una grande gondola, di forma rettangolare, che conteneva le prese d’aria dei motori il vano bombe e gli alloggiamenti dei carrelli. Gli scarichi dei motori si trovavano tra i due timoni verticali. Le estremità dell’ala, per sfruttare la portanza da compressione, potevano ruotare su due posizioni. Per il “normale” volo a velocità di crociera supersonica venivano poste a 25 gradi, mentre per il volo supersonico operativo ad alta quota, cioè a Mach 3, venivano poste a 65 gradi. La parte centrale della grande gondola, misurava 33,53 m di lunghezza 11,28 di larghezza e 2,18 di altezza, ospitava l’alloggiamento del carrello anteriore e il vano bombe, che poteva ospitare qualsiasi ordigno nucleare dell’USAF. Le due gambe del carrello principale erano situate in due vani realizzati ai lati della presa d’aria. Il carrello anteriore disponeva di due coppie di ruote mentre le ruote di quello principale erano disposte su tre coppie. I portelloni del vano bombe erano costruiti in modo tale da aprirsi solo pochi attimi prima che avvenisse il rilascio della bomba. Le superfici di controllo erano costituite da sei elevoni sistemati sull’ala.

A questi si aggiungevano altre quattro porzioni di superfici situate sulle estremità, queste però non potevano venire utilizzate mentre le estremità erano ruotate. Inoltre erano presenti sulle alette canard, e solo su queste, dei flaps che garantivano, insieme alla regolazione delle alette, il controllo del velivolo nei momenti di decollo e atterraggio. L’equipaggio era composto da quattro membri: pilota, co-pilota, navigatore/bombardiere e dall’ufficiale addetto ai sistemi di difesa. Erano disposti fianco a fianco e disponevano di sedili eiettabili. L’intero abitacolo era pressurizzato e condizionato per cui non dovevano indossare particolari tute.

In caso di eiezione ogni sedile veniva protetto da una capsula, anch’essa pressurizzata e condizionata, che garantiva l’incolumità della persona. L’avionica del velivolo era costituita da un’avanzatissimo sistema integrato, che richiese una lunga pianificazione e ricerca, i cui componenti erano costituiti da un sistema di navigazione inerziale/stellare sviluppato dalla North American Autonetics, un sistema di navigazione e attacco della IBM, un radar definito ”indisturbabile” della General Electric ed infine un sistema di difesa della Westinghouse. I motori scelti per equipaggiare il velivolo erano sei General Electric J93 -GE-5. Questi venivano alimentati dalla grande presa d’aria. In realtà questa era divisa in due canali che alimentavano ciascuno tre motori. In ogni canale era presente una speciale “rampa” che regolava il flusso d’aria in entrata in base alla velocità. Gli ugelli di scarico dei motori erano completamente regolabili. Inizialmente era stato previsto di alimentare i motori con lo speciale carburante “compresso” ma il programma di sviluppo di questo carburante venne interrotto nell’Agosto del 1959, poco tempo prima che la fabbrica che doveva produrlo diventasse operativa.

All’inizio l’USAF intendeva acquisire 200 B-70 con i quali rimpiazzare i B-52. Questa richiesta venne però modificata nel 1962. Adesso la richiesta era per 150 velivoli che fossero utilizzabili sia quali ricognitori strategici sia come bombardieri con capacità nucleari. La denominazione di questi esemplari venne modificata in RS-70. In ogni caso i costi per lo sviluppo di questo programma avevano raggiunto cifre enormi e lo stesso Congresso degli Stati Uniti cercò di ridimensionarlo. Quando il Presidente Johnson rivelò l’esistenza del SR-71, il progetto del RS-70 venne subito bloccato. Venne autorizzato solo il completamento di due prototipi per lo sviluppo dell’avionica. In ogni caso era ormai evidente, viste le accresciute capacità di difesa antiaerea dell’URSS, che l’epoca dei grandi bombardieri che operavano ad alta quota era ormai chiusa. Il primo XB-70, che montava ancora una avionica parziale, fu completato nel 1963. Ci volle però un altro anno per risolvere il problema delle perdite di carburante dai serbatoi. Infatti il JP-6, il carburante infine utilizzato, riusciva a penetrare da milioni di microscopici buchi dovuti alla flessione del materiale con cui erano costruiti i serbatoi. Il primo volo avvenne solo il 21 settembre del 1964 e fu caratterizzato dal mancato rientro del carrello principale che provocò l’esplosione di due gomme in atterraggio. Il mentre il secondo volò per la prima volta il 17 luglio del 1965. I due prototipi raggiunsero la velocità di Mach 3 nel loro diciassettesimo volo. Il primo prototipo li raggiunse il 14 ottobre del 1965 e il secondo il 3 gennaio del 1966. La velocità massima raggiunta dall’XB-70 fu di mach 3.08 alla quota di 22.555 m

Nonostante questo esordio non proprio felice, e i diversi problemi che ci si attendeva emergessero nello sviluppo di una macchina così complessa, le prestazioni del velivolo furono molto vicine a quelle ipotizzate nel progetto. Nel luglio 1965 volò il secondo XB- 70, il primo che montava l’intero sistema avionico. I voli due velivoli completarono il contratto di prima fase nel giugno 1966. I voli dell’XB-70 continuarono con un contratto di seconda fase che vedeva la collaborazione dell’USAF e della NASA per ricerche volte allo sviluppo di un velivolo da trasporto passeggeri supersonico. L’otto giugno del 1966 avvenne un grave incidente che portò alla perdita di un esemplare di XB-70 e di un F-104 e alla morte del co- pilota del bombardiere maggiore Carl S. Cross e del pilota dell’F-104, maggiore Joseph A. Walker. Alla fine del contratto di prima fase la General Electric aveva richiesto l’autorizzazione ad utilizzare l’XB-70 per una serie di fotografie pubblicitarie. Durante delle riprese in volo avvenne una collisione tra l’XB-70, era il secondo prototipo, e un caccia F-104. Il caccia esplose in volo mentre l’XB-70, che inizialmente sembrava ancora controllabile, precipitò al suolo. Solo uno dei due piloti del bombardiere riuscì ad eiettarsi. L’altro pilota e il pilota del caccia perirono nell’incidente. Il velivolo velivolo superstite continuò a volare, nell’ambito del programma, fino al definitivo ritiro, avvenuto il 4 febbraio del 1969 dopo che l’aereo aveva compiuto un totale 83 voli. Il totale dei voli effettuati dai due velivoli era di 229.

Bibliografia:

AA.VV., 1995, CD-ROM: From Korea to Vietnam, Maris Multimedia, Discovery Communication Inc.

Gibertini, G., 1989, XB-70 Valkirie, Aerei, n°2 Febbraio, pp.52-54

Levin, S., 08.04. 2003, 001 — Flight of the Valkyrie. North American’s XB 70 “The Great Bird” http://www.labiker.org/xb70.html

Fonti fotogrfiche:

Le foto provengono da http://commons.wikimedia.org/wiki/Main_Page